Category Archives: design

un modo nuovo di esplorare l’informazione

Quando iniziai a sperimentare l’aggregazione di news su Twitter nell’estate del 2009 il mio sogno era di condividere i filtri che raffinavo giorno dopo giorno mediante nuovi strumenti, in modo da partecipare tutti alla nuova visione comune dell’informazione.
Era l’anno delle rivolte in Iran, che cominciarono a scuotere il mondo arabo, in cui il crowdsourcing e il citizen journalism ci mostravano gli aspetti più crudi della nuova disintermediazione informativa e l’impostazione tradizionale cominciava a mostrare i suoi limiti.
I lettori e i cittadini stavano diventando attivi ma la consapevolezza di questo cambiamento nell’informazione non era ancora abbastanza condivisa (in particolare in Italia) e non esistevano strumenti di questo tipo.

Al contrario, da quei giorni ad oggi gli strumenti e i progetti si sono concentrati nel distribuire in maniera diversa e capillare i contenuti basandosi però sullo stesso modello di prima, personalizzandoli per ogni lettore e cercando disperatamente di diminuire l’information overload. Continue reading

Mac, iPod, iPhone, iPad: il segreto del successo Apple è nella nicchia

La lunga storia di Apple corre accanto alle vicende dell’elettronica di consumo fin dagli anni ’70.
Ma è negli ultimi dieci anni che il suo marchio e i suoi prodotti sono diventati quasi leggendari agli occhi dei consumatori, dividendo gli appassionati.
Pur senza detenere quote di mercato schiaccianti, la crescita dei sui profitti e del suo valore in Borsa non hanno conosciuto sosta, neanche nei momenti di crisi planetaria.
I marchi dei suoi prodotti sono diventati nomi comuni usati per distinguere determinate categorie merceologiche, come solo la Sony seppe fare negli anni ’70 con il Walkman: l’iPod su tutti.

Il segreto del suo successo è spesso attribuito a espedienti ben precisi.
Prima di tutto una oculatissima strategia di marketing che avrebbe sopravanzato tutti i concorrenti.
Ma in effetti sembra poco plausibile che colossi dell’hardware e del software, ben più grandi, come IBM, Microsoft, Dell siano stati sconfitti a questo livello.
Se esistesse una formula magica del marketing per piacere così tanto ai consumatori di sicuro loro l’avrebbero già scoperta.
In realtà Apple non spende in marketing più degli altri né ha una specifica divisione particolarmente sovradimensionata.
Fa pubblicità in tv, questo sì, e la sua campagna “Get a Mac” è diventata popolarissima, un vero caso virale su Internet, eppure spende in spot molto meno dei concorrenti.
I suoi prodotti compaiono in moltissimi film, soprattutto hollywoodiani, ma Apple non dichiara alcun investimento in product placement.
Il suo marchio e quello dei suoi prodotti è in testa alle classifiche dei termini più ricercati su Internet e argomento prediletto sui Social Media eppure i suoi investimenti in questo sono praticamente nulli.
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chi ha bisogno di Google Instant Search? gli utenti o Google?

Oggi Google ha introdotto una nuova funzione per la ricerca: Instant Search.
In poche parole gli utenti registrati su Google non appena digiteranno la prima lettera, e le seguenti, vedranno non solo i suggerimenti possibili (come accadeva fino ad oggi) ma il motore mostrerà subito la pagina dei risultati associata al primo termine suggerito, e questa pagina naturalmente cambierà man mano che si completa l’inserimento di ciò che si vuole realmente cercare.
Per fare un esempio se iniziate a inserire “f”, il primo termine suggerito è Facebook e comparirà subito la pagina dei risultati su “facebook”.
Ma se aggiungete una “o” (ottenendo “fo”) il primo termine suggerito diventa Ford e compare subito la pagina dei risultati associata a “ford”, e così via.
La funzione è attivata automaticamente e se non la si vuole usare è necessario disattivarla.

Il team di Google afferma che la nuova funzione permetterà di risparmiare dai 2 ai 5 secondi per ogni ricerca, aggiungendo bizzarri calcoli sui miliardi di secondi risparmiati nel mondo.
La conseguenza sarebbe che più fai ricerche e più risparmi tempo ma se fai tante ricerche al giorno probabilmente non stai cercando “facebook” o “ford” e ogni lettera che digiti genera chiamate e quindi traffico.
Se invece fai poche ricerche potrei suggerirti come impiegare in maniera proficua quegli 8 secondi al giorno che risparmierai ma non mi viene in mente nulla adesso. Continue reading

una mobilità sostenibile con al centro il territorio e i suoi abitanti

È curioso come l’approccio alla mobilità urbana in Italia sia sempre stato affrontato solo dal punto di vista degli utenti del trasporto.
Dal boom economico degli anni ’60 abbiamo ereditato una visione per cui l’automobile è il mezzo ¬†preferenziale per tutti gli italiani e il dominatore incontrastato delle strade (una volta condivise con biciclette e cavalli).
La politica “verde” degli anni ’90 non si è preoccupata di riequilibrare il rapporto tra trasporto pubblico e privato ma ha semplicemente potenziato il primo, per quanto potesse, senza intaccare il secondo: in questo modo le scelte degli italiani non sono cambiate di una virgola, le strade sono fatte per le automobili private e vengono usate in questo modo.
Tutto questo ha provocato una situazione grave dal punto di vista dell’inquinamento, del traffico e della qualità della vita.
Una città come Roma, con il suo patrimonio artistico, è usata come Los Angeles e senza le enormi highway si avvia a diventare caotica come il Cairo, con gravi danni per tutti.
Una mentalità per cui le esigenze di trasporto di base sono demandate al privato, e il pubblico viene visto come un surplus, provoca guasti ancora più grandi, permette per esempio la cementificazione selvaggia del territorio senza intervento progettuale dell’amministrazione pubblica, i cui servizi appaiono superflui.
Ecco perché in Germania prima di costruire un nuovo quartiere appare indispensabile portare tutti i servizi pubblici, e quindi parte del controllo sullo sviluppo del territorio rimane allo Stato, mentre in Italia si costruiscono enormi agglomerati demandando inizialmente il trasporto all’iniziativa privata in attesa che l’amministrazione pubblica intervenga, senza controllo sull’uso del territorio, mettendoci poi nulla più che una pezza.

È possibile intaccare questo modello? Continue reading

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140nn un canale sui fatti raccontati attraverso i social media

140 News NetÈ un po’ di tempo ormai che raccolgo fatti in anteprima e in tempo reale attraverso i social media seguendo crisi (come nel caso dell’Iran o dell’Honduras o delle catastrofi naturali) o raccogliendo notizie e approfondimenti interessanti.
È un nuovo modo di trattare e diffondere l’informazione, meno legato all’agenda globale e regionale, di cui ho già scritto e scriverò ancora e che, grazie anche all’incoraggiamento di molti, sono spinto a proseguire.
Fino ad oggi usavo il mio account Twitter come canale, mischiando quindi news e riflessioni tecnologiche, e in seconda battuta Friendfeed (molto diffuso tra noi italiani).
Ma spesso ero costretto a selezionare troppo i fatti di approfondimento per non intasare il canale principale o passarli solo su Friendfeed, che ha una vocazione più generalista.
L’interazione e l’approfondimento sono due caratteristiche fondamentali per questo modo di fare informazione, chiamiamolo personal journalism, e quindi ho deciso di aprire un canale su Twitter dedicato a questo aspetto.
Il nome 140 News Net (che assume una comoda e ironica abbreviazione in 140nn) racchiude per me queste caratteristiche: 140 (Twitter, la sintesi, la velocità e l’interazione), News (l’oggetto), Net (tutti noi, la lente dei Social Media).
Ho creato anche un account parallelo su Friendfeed per raccogliere le notizie in una vasta comunità e tutti gli ulteriori social network che successivamente, se dovesse essere utile, assocerò. Continue reading

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prime impressioni su Google Wave: e l’interfaccia grafica?

Sto testando da un po’ la preview (una versione beta chiusa al pubblico) di Google Wave, l’attesissimo nuovo servizio di Google in grado, nelle intenzioni di BigG, di sostituire ogni strumento di comunicazione su internet, email compresa.
Già nei giorni scorsi abbiamo letto abbondanti cronache su come l’email sia superata e ci attenda un futuro molto più interattivo e in network.
Senza dubbio l’evoluzione va in questa direzione ma al di là di qualsiasi entusiasmo positivistico, tralasciando per ora le dovute considerazioni sulla lentezza del progresso nella cultura digitale (oggi la maggioranza delle persone sta appena passando dall’email ai social network…) e un’analisi approfondita di Google Wave quando sarà stato testato più a lungo, vorrei sottolineare un’aspetto che mi salta subito all’occhio: l’interfaccia grafica.

L’interfaccia è la vera tecnologia, lo abbiamo imparato negli ultimi 15 anni di sviluppo, possiamo creare un motore straordinario e impareggiabile ma senza un’adeguata interfaccia tutto sarà vano.
Questa è anche la lezione del successo planetario dell’iPhone, in cui l’inedita interfaccia (lo schermo multi-touch) diventa il motore stesso dell’innovazione permettendo a sua volta nuove funzionalità.
Ora se penso ai prototipi che girano da tempo sulle nuove interfacce per navigare, su nuovi browser (se ancora si potranno chimare così) e sulle evoluzioni permesse proprio dal multitouch e dalle integrazioni tra mobile, wi-fi e computer quello che si vede su Google Wave sembra concepito 10 anni fa. Continue reading

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obbligo contro invito: dalla comunicazione all’interazione

Quante volte prendendo la metropolitana scegliamo le scale tradizionali invece delle comode scale mobili anche per brevi tratti?
Probabilmente molto poche anche se non trasportiamo bagagli pesanti, e il risultato è scale mobili intasate e scalini liberi.
Può sembrare un dettaglio, d’altronde le scale mobili sono lì per essere usate, ma in realtà per chi gestisce una metropolitana può diventare un collo di bottiglia, con file, costi di manutenzione e soprattutto un’impedimento all’utilizzo per chi ne ha più bisogno.

A Stoccolma hanno provato a immaginare un modo per risolvere il problema: come far sì che il pubblico usi le scale e non quelle mobili?
Sembrerebbe un problema non facile visto che queste ultime sono indubbiamente più comode e veloci, e rappresentano ormai la scelta più immediata per tutti.
Il problema comporta necessariamente di instaurare un livello di comunicazione col pubblico.
Ci sono due modi per farlo.
Il primo è indirizzare con decisione la gente verso le scale, per es. con dei cartelli di avvertimento, di spiegazioni, oppure spegnendo per brevi periodi di tempo quelle mobili.
In altre parole comunicando alla gente un obbligo.
Un obbligo però non viene percepito positivamente dagli utenti in termini di qualità del servizio, anche se si cerca di spiegarlo approfonditamente, e soprattutto è costoso perché prevede un successivo controllo del suo rispetto (certamente molto meno in Svezia che in Italia).
Sarebbe, invece, molto meglio se la gente utilizzasse spontaneamente le scale. Come fare?
Ecco la soluzione architettata nella stazione di Odenplan, Stoccolma.

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una possibile rappresentazione grafica per il crowdsourcing

Trendz Map on MindMeister

Trendz Map on MindMeister.

I social network possono rappresentare un ottimo strumento per la progettazione collaborativa.
A maggior ragione con l’evoluzione verso il lifestreaming gli strumenti a disposizione sono più rapidi e efficienti. Si può concretamente far uso dell’intelligenza collettiva.
E’ quello che viene anche chiamato crowdsourcing: la fiducia nella competenza complessiva di una rete sociale o una comunità di persone.
Una organizzazione può affidare dei compiti particolarmente specializzati non più solo a una persona, entità o team esterno (outsourcing) bensì a un insieme distribuito di persone con cui interagisce attraverso un unico strumento.
Naturalmente questo modello esiste da tempo su internet, è stato usato nei forum, nelle mailing list ed è sfruttato sistematicamente nella comunità open source (nonchè alla base del suo successo).
Ma con i social network e i nuovi strumenti è possibile iniziarlo ad applicare in molti campi. Continue reading

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la coda lunga con le gambe corte

La Coda Lunga sembra essere diventata ormai il modello di business (e non solo) imprescindibile di questa fase del web definita “2.0“.
Ed ?ɬ® in effetti una spiegazione qualitativamente buona di ci?ɬ? che accade (o meglio di ci?ɬ? che ?ɬ® appena accaduto, l’articolo di Chris Anderson ?ɬ® del 2004) guadagnandosi una pletora di entusiasti e divulgatori proprio tra chi occupa posizioni di rilievo in classifica nella rispettiva attivit?ɬ† online, come per es. il blog e la relativa visibilit?ɬ†.
Il fatto che i blog, le realt?ɬ† professionali, i beni di consumo ecc. a pi?ɬ? bassa frequenza (di nicchia si potrebbe dire) possano complessivamente superare in importanza quelli a maggior visibilit?ɬ† e diffusione ?ɬ® un risultato importante e con implicazioni positive in ogni campo.
Ma che succede se quei sacerdoti del web 2.0 decidono di aggregarsi e formare un gruppo compatto?
E’ una cosa che accade raramente negli altri paesi, per ragioni fondate, ma che nell’Italia dei cartelli economici ?ɬ® molto diffusa.
Quando un pezzo intero di coda lunga organicamente si stacca, tenta di acquistare forza e imporsi al mercato il modello non pu?ɬ? che andare in crisi.
E ci va, paradossalmente, cantando in allegria l’inno del miracoloso web 2.0 .
Allora la domanda sorge spontanea: servono forse delle regole interne per tutelare lo sviluppo libero e sostenibile del web? analogamente a quelle che adesso chiediamo per limitare il potere assoluto di Google? o a quelle che vorremmo per garantire la net neutrality?
Che servizio si rende alle aziende, ai clienti, agli operatori della comunicazione, alla Rete stessa proponendo una impostazione che sovverte il modello stesso su cui si basa?
O forse sarebbe meglio sviluppare una sorta di deontologia professionale, o semplicemente applicare l’etica intrinseca nella Rete fin dai suoi inizi?

Sembrano le stesse domande che si facevano nell’era del web 1.0, funestato da corsari e venditori di fumo, le cui risposte furono repentinamente evidenti con lo “sboom” del 2001.
Forse non si ?ɬ® imparato nulla.
O forse c’?ɬ® davvero qualcosa di patologico nel web italiano.

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