Monthly Archives: October 2012

cose da non fare per informarsi sulla salute di Fidel Castro

1) Prendere per buone le informazioni di pubblicisti anticastirsti residenti a Miami.
Ma perché un anticastrista che vive a Miami dovrebbe essere la fonte ufficiale da cui determinare la salute di Fidel Castro?
È come chiedere informazioni sulla salute del Papa a una setta satanica.
Alberto Muller dice che Castro sta male da molti anni (in realtà è risorto per incontrare Benedetto XVI a marzo), è in morte cerebrale e tutto il mondo riprende il suo post come se fosse un lancio Reuters.
Siamo d’accordo che è difficile avere notizie dall’interno di un regime ma servirà qualche altra verifica?
Per esempio dagli inviati a Cuba.

2) Prendere per buone le informazioni di siti web antiregime.
Il sito web Neo Club Press, contrario al regime cubano, dice che ha degli informatori anonimi all’interno di un Ministero cubano che confermano la morte cerebrale.
Voci di informatori anonimi di un anonimo Ministero non è quello che definirei un indizio definitivo.
Forse è più affidabile un esperto di Cuba che possa interpretare i piccoli segnali nel Paese.
Se muore Fidel Castro non si mettono di certo a scrivere un comunicato stampa da far girare per i palazzi governativi.
Quando morì Andropov in URSS milioni di russi, e dirigenti del partito, ignorarono la sua dipartita per ben 6 mesi.

3) Telefonare a Yoani Sanchez.

Ora, con tutta la simpatia per la blogger rimpatriata dalla Svizzera che non è l’unica dissidente esistente a Cuba, se Fidel Castro fosse morto credo che lei sarebbe l’ultima persona al mondo a cui lo andrebbero a dire.

Insomma tutto questo assomiglia sempre più a un gioco delle freccette con le breaking news, nella speranza di fare probabilisticamente centro invece che tentare di fornire buona informazione.
Un gioco in cui, se va male, naturalmente si dà la colpa al web, alla Rete, a Twitter.

Google svela i suoi micropagamenti: rivoluzioneranno il giornalismo online?

Quello dei pagamenti dei contenuti digitali è da sempre il nodo cruciale per il superamento dei vecchi modelli di business per l’editoria online e lo sviluppo di quelli nuovi.
L’uso di veri micropagamenti è sempre stato considerato il punto di svolta, in questo senso e oggi Google può aver cambiato il corso degli eventi.

Il vecchio modello del “tutto compreso”, così naturale per i supporti del secolo scorso (non si può acquistare solo una sezione o una pagina di un quotidiano di carta e neanche avrebbe senso), si è trasformato online gradualmente nel modello del paywall.
Insomma non si può acquistare solo una sezione di un quotidiano di carta, una pagina di un altro, una copertina di un magazine, un editoriale di un mensile e neanche avrebbe senso farlo: nel mondo fatto di atomi o si acquista tutto o nulla.
Questo ha sempre implicato una certa rigidità nell’offerta e nella dieta informativa dei lettori.
Esistono lettori affezionati, forti identità di testata, c’è un limite fisico alla diffusione dei contenuti e c’è anche una certa forma di upselling forzato dei contenuti: se compro un quotidiano di carta per leggere il mio editorialista preferito, probabilmente sto pagando anche altra informazione di qualità molto inferiore.
Nel mondo degli atomi non si esce da questo schema classico e ancora oggi è il modello di riferimento per il business. Continue reading