Monthly Archives: October 2010

Twitter è un news network: i brand diventano produttori di contenuti veri

In quanti e quali modi può essere usato Twitter per comunicare?
Non ci sono limiti, al di là del vincolo dei 140 caratteri per ogni messaggio (o tweet), ma questo non significa che non si sia affermato un modo prevalente di usarlo, che ne sta determinando successo e diffusione nel mondo.
Twitter non è come Facebook (o come altri social network), non ha quei numeri, non implica quei comportamenti.
Questo perché Twitter non è un social network.
Viene definito una piattaforma di microblogging ma credo che questo non descriva a sufficienza le sue reali caratteristiche e potenzialità.

Twitter in realtà è un news network, una piattaforma basata sulle notizie, anche se non necessariamente in senso classico come quelle fornite dalla CNN.
Nell’era digitale l’ecosistema dell’informazione sta cambiando profondamente e tutti siamo produttori di notizie.
Ovviamente non sempre notizie determinanti per l’umanità ma spesso interessanti per gruppi più o meno estesi di persone.
Siamo nel momento di passaggio tra l’era dell’audience e quella digitale in cui si impone il modello della rete: dal villaggio globale ai mille villaggi, alle numerose tribù, fino ai singoli membri.
Così mentre Facebook si concentra sull’identità, sulle relazioni e connessioni, Twitter è basato sui contenuti. Continue reading

l’iPadizzazione del personal computer, il passaggio storico di Apple

Steve Jobs ha annunciato ieri, nell’evento Back to Mac, quello che sembrava inevitabile: i personal computer Apple del futuro assomiglieranno molto all’iPad.
Accensione istantanea, tempi di risposta brevissimi, basta con i vecchi lettori cd-dvd e hard disk delicati, rumorosi, bollenti, basta sistemi operativi incomprensibili, complessi, basta con costose CPU che poi vengono sfruttate pochissimo, basta con strane procedure di installazione, disinstallazione, manutenzione del software, basta con tutta la roba da “tecnici”.
Suona davvero promettente, soprattutto per un mercato come l’Italia in cui la cultura digitale è ancora molto indietro.
Dal punto di vista del business grazie al nuovo App Store per Mac nascerà un vero marketplace in cui è possibile monetizzare, anche dal basso, molte idee che prima rimanevano sulle nuvole.
Dal punto di vista degli utenti sarà possibile acquistare piccoli software utili invece di dover investire soldi per grandi “suite” ¬†che poi vengono usate poco o nulla: la strada verso i micropagamenti si apre sempre più. Continue reading

un check-in su Foursquare per la causa del wi-fi libero in Italia

Il decreto Pisanu è una legge del 2005 che rende estremamente farraginoso per un locale pubblico in Italia offrire ai cittadini una connessione wi-fi, senza fili, a Internet: dalla licenza rilasciata dal questore, alla copia cartacea di ogni documento di identità, alla conservazione di tutti i dati di navigazione per 6 mesi (da parte dell’esercente, non del fornitore del servizio!) e così via.
La motivazione è per contrastare il terrorismo anche se non esiste nessun dato fino ad oggi dell’efficacia di questa misura, né appare tra le azioni di prevenzione usate negli altri paesi stranieri.
Al contrario nel resto d’Europa il numero di zone ad accesso wi-fi offerte alla popolazione¬†è cinque volte superiore all’Italia, dove ancora spadroneggiano le connessioni a “banda larga” (se possiamo definirle così) col doppino in rame e quelle 3G delle potenti telco.
Il decreto deve essere rinnovato alla fine di ogni anno e periodicamente si discute (in realtà si dicono sempre tutti contrari) se rinnovare o meno questa legge che sta penalizzando lo sviluppo di Internet in Italia, si fanno dibattiti, si aprono petizioni nella speranza di divulgare il più possibile la consapevolezza di questa situazione.

Ho pensato a un modo creativo di diffondere questo tema usando Foursquare, la nota piattaforma di geolocalizzazione che sta iniziando a prendere piede anche in Italia. Continue reading

Mac, iPod, iPhone, iPad: il segreto del successo Apple è nella nicchia

La lunga storia di Apple corre accanto alle vicende dell’elettronica di consumo fin dagli anni ’70.
Ma è negli ultimi dieci anni che il suo marchio e i suoi prodotti sono diventati quasi leggendari agli occhi dei consumatori, dividendo gli appassionati.
Pur senza detenere quote di mercato schiaccianti, la crescita dei sui profitti e del suo valore in Borsa non hanno conosciuto sosta, neanche nei momenti di crisi planetaria.
I marchi dei suoi prodotti sono diventati nomi comuni usati per distinguere determinate categorie merceologiche, come solo la Sony seppe fare negli anni ’70 con il Walkman: l’iPod su tutti.

Il segreto del suo successo è spesso attribuito a espedienti ben precisi.
Prima di tutto una oculatissima strategia di marketing che avrebbe sopravanzato tutti i concorrenti.
Ma in effetti sembra poco plausibile che colossi dell’hardware e del software, ben più grandi, come IBM, Microsoft, Dell siano stati sconfitti a questo livello.
Se esistesse una formula magica del marketing per piacere così tanto ai consumatori di sicuro loro l’avrebbero già scoperta.
In realtà Apple non spende in marketing più degli altri né ha una specifica divisione particolarmente sovradimensionata.
Fa pubblicità in tv, questo sì, e la sua campagna “Get a Mac” è diventata popolarissima, un vero caso virale su Internet, eppure spende in spot molto meno dei concorrenti.
I suoi prodotti compaiono in moltissimi film, soprattutto hollywoodiani, ma Apple non dichiara alcun investimento in product placement.
Il suo marchio e quello dei suoi prodotti è in testa alle classifiche dei termini più ricercati su Internet e argomento prediletto sui Social Media eppure i suoi investimenti in questo sono praticamente nulli.
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perché il Premio Nobel per la Pace non serve a Internet ma ai Liu Xiaobo

Alcuni si saranno accorti che da 10 mesi la versione italiana del magazine Wired sta sostenendo una campagna (firmata Ogilvy) per l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Internet, che avverrà l’8 ottobre (domani).
Forti del fatto che il premio, del valore circa di 1,5 mln di euro, è stato già assegnato in passato a un’entità (anche se giuridica) invece che a una persona, la rivista guidata da Riccardo Luna, edita da Condé Nast (uno degli editori più grandi del mondo), sta spendendo la propria credibilità e quella degli appassionati della Rete per sensibilizzare politici, personaggi famosi e giornalisti sulla bontà di questa idea.

Mi sembra poco utile approfondire il discorso su cosa rappresenti Internet per l’umanità e se sia un mezzo intrinsecamente buono o cattivo o se sia solo un mezzo, e come tale neutro.
È più interessante invece allargare l’orizzonte e cercare di capire ciò di cui si sta veramente parlando.
Il Premio Nobel per la Pace è uno dei riconoscimenti simbolici più importanti dell’umanità, viene conferito a persone che si sono impegnate attivamente a favore della pace.
Tra i premiati ci sono Madre Teresa di Calcutta, l’attuale Dalai Lama, Nelson Mandela, Martin Luther King, Rigoberta Mench??, Aung San Suu Kyi, Gorbaciov, Desdmond Tutu, Lech Walesa. Continue reading

secondo la Cassazione Internet non è la carta, servono regole diverse

Una sentenza della Corte stabilisce che il gestore di un blog o il direttore di un giornale online o un hosting provider non possono essere responsabili di “omesso controllo” in caso di contenuti diffamatori, come previsto dall’art 57 c.p. per la stampa cartacea (a meno che non ne siano già al corrente).
Si chiude quindi per il momento anche in Italia l’annosa vicenda che vedeva la comunicazione online a continuo rischio di censura soprattutto a causa dei caratteristici commenti e delle interazioni dei lettori (pardon, amici).
Infatti con la presunta ed erronea equiparazione tra carta e web qualsiasi commento diffamatorio sfuggito al controllo del gestore o anche presente per un periodo limitato di tempo prima di essere cancellato (ma adeguatamente registrato) poteva portare a conseguenze penali.
Questo comportava una forma di abuso abbastanza diffuso: per colpire qualcuno bastava inserire artificiosamente e “anonimamente” un commento diffamatorio. Continue reading

il Corriere che sarà: il nuovo giornalismo passa solo dai giornalisti o anche dagli editori?

In questi giorni i giornalisti del più autorevole quotidiano italiano, il Corriere della Sera, sono in sciopero sia su carta che online.
Motivo del contendere uno scontro col direttore Ferruccio De Bortoli che in una brillante lettera (che vi consiglio caldamente di leggere) gli chiede di abbandonare vecchi privilegi sindacali, essere più flessibili e orientati a Internet.
Scritta in un modo magistrale, sembra un inno alla rivoluzione digitale nel giornalismo (e forse lo è) ma lascia qualche dubbio.
Oggi quasi tutti gestiscono la versione online di un quotidiano con una redazione a parte, che ha dei ritmi elevatissimi, molto diversi dagli altri settori, dove si riesce invece a coltivare l’approfondimento.
Questo distacco esiste da sempre (addirittura per le versioni digitali iPad o iPhone i giornalisti del Corriere su carta si rifiutano di scrivere) ed è indubbiamente un freno all’evoluzione del giornalismo nelle grandi redazioni.
De Bortoli vuole che questo muro cada, che la velocità aumenti per tutti, che nessuno sia più inamovibile e che si possano affrontare molti progetti “multimediali”.
Già in molte redazioni straniere Internet è l’acqua di cottura comune ma cosa succede quando è l’editore a imporre arbitrariamente questo e non è frutto di un mutamento culturale e professionale?
Ha senso chiedere adesso, e così, a giornalisti d’esperienza di aumentare i ritmi, rinunciare a un percorso, aumentare la durata dell’impegno e scrivere in aggiunta per tutte le nuove iniziative “multimediali”?
Chi decide quale sarà e a cosa servirà la redazione del futuro?
Non è la paura del nuovo o la pigrizia verso le nuove tecnologie, di cui spesso io stesso accuso i vecchi giornalisti, manca qualcosa. Continue reading