#2013intweet, la timeline di un anno

lettarepubblicaDurante l’anno mi capita di archiviare centinaia di foto per la pubblicazione quotidiana su Twitter.
Scorrendo l’archivio qualche settimana fa mi sono capitati sotto gli occhi gli avvenimenti di cui si è parlato online nel 2013: quelli principali o meno noti, effettivamente pubblicati online o messi poi da parte.
Ho pensato allora di aggregarli tutti, pubblicandoli uno per uno in questi ultimi giorni dell’anno e raccogliendoli in una timeline personalizzata su Twitter (dove sennò).
Ecco 87 foto che in qualche modo raccontano il 2013, spero possa essere un utile ripasso per il 2014.

un tool che migliora la curation online: #Pullquote

pullquoteÈ una ventina di giorni ormai che sto provando Pullquote e si sta rivelando un servizio di quelli che potrebbero davvero fare la differenza su Twitter.
Se vi capita di linkare frequentemente articoli, post, ricerche (più o meno lunghi) online avrete spesso l’esigenza di attirare l’attenzione del lettore su uno specifico concetto o paragrafo chiave.
Come fare? Finora si poteva sintetizzare il concetto (sempre badando al limite dei 140 caratteri) e fornire il link per l’approfondimento lasciando però al lettore il compito di ritrovare il punto o leggersi tutto il pezzo.
Ora si può usare Pullquote.
Pullquote fa una cosa molto semplice: evidenzia la porzione di testo da noi selezionata in una qualsiasi pagina web su browser fornendo un link ad hoc già accorciato.
Quando si clicca sul link si arriva sull’articolo ma con il testo immediatamente evidenziato.
L’evidenziazione è molto efficace perché l’estratto è in una finestra in primo piano chiudendo la quale si può leggere l’articolo intero.
In questo modo si può leggere prima il concetto chiave e poi allargare la visione al contesto o al pezzo completo. Continue reading

Twitter: i pensieri marginali che trasformano la sfera pubblica

Questo articolo è stato pubblicato in Niente di personale su l’Unità online il 23 aprile 2013 con il titolo “Twitter senza Twitter”.

Le riflessioni su Twitter e politica sono giunte a un momento culminante in questi giorni: Twitter (scambiato di volta in volta con la Rete, i Social Media e così via) ha condizionato l’elezione del Presidente della Repubblica?
Dopo il sostegno di molti gruppi online per Rodotà, dopo la chiamata su Internet a manifestare a Montecitorio, dopo l’occupazione di alcune sedi PD con l’hashtag #occupyPD, dopo la richiesta di Bersani ai suoi Grandi Elettori di tenere spenti smartphone e iPad nei momenti decisivi la questione è approdata al grande pubblico in maniera scomposta.
Questo dubbio rappresenta in maniera efficace quanto in fretta abbia bisogno di cambiamento questo Paese.
Dalla riflessione intelligente di Luca Sofri a quella, un po’ barcollante di Cesare Martinetti su La Stampa (i social network disturbano la democrazia? la Rete è un mezzo che impone la rapidità? politici sempre più vulnerabili alle ondate della Rete?), fino a Nicola Porro su Il Giornale che parla addirittura di dittatura della Rete dimenticando, ahimé, che non è stato mai eletto il suo ipotetico beniamino: Rodotà.
Insomma è colpa dell’età giovane dei neoparlamentari; anzi no è la Rete, questa astratta proterva minoranza nel Paese, che pretende di influenzare il Parlamento: tutto surreale.
Surreale quasi quanto il fatto che i critici più accesi in realtà non usino né conoscano Twitter.
Eppure questi discorsi tendono a formare nell’opinione pubblica più lontana da Internet (in Italia sono ancora tanti, troppi, è un limite) un’idea distorta di Twitter.

C’è un esempio a portata di mano che rende l’idea di cosa rappresenti Twitter oggi.
Il Foglio pubblica provocatoriamente lo scambio di SMS tra Christian Rocca, giornalista che da sempre scrive anche su blog e conosce i Social Media, e Giuliano Ferrara, senza dubbio non tenero nei confronti della Rete e dei processi politici in atto.
Gli SMS sono stati scritti tra mezzogiorno e le 13,30 di domenica durante la conferenza stampa di Grillo a Roma, la prima del leader M5S dall’inizio dell’impegno elettorale.
Al di là del merito, di cui non voglio occuparmi qui, lo scambio di messaggi è agile e veloce (e in poco più di 140 caratteri, anche se oggi gli SMS possono essere concatenati e raggiungere lunghezze rispettabili).
A un certo punto Ferrara sente l’esigenza di rendere pubblico quello scambio privato e chiede il permesso all’interlocutore.
Quindi una conversazione informale e privata, ancorché mediata tecnologicamente, diventa un fatto pubblico, può essere letta da altri, commentata, discussa.
Non è interessante il motivo di questa esigenza (riflessione politica? provocazione? narcisismo?) ma il fatto che esista: è un’esigenza di comunicazione.
Ecco Twitter è proprio questo, è il passaggio nella sfera pubblica di pensieri marginali che in un’altra epoca sarebbero rimasti nascosti, è la realizzazione di questa esigenza fino ad oggi celata.
Per fare un esempio nella vita quotidiana, è come se potessimo raccogliere tutte le battute mai fatte davanti a una tazza di caffé al bar.
Chi cerca di minimizzare Twitter parlando di volta in volta di narcisismo, patologia, opinionismo ecc. non ha torto (così come al bar se ne sparano di ogni tipo) ma sottovaluta enormemente l’effetto su tutto il resto dell’affiorare di un fenomeno del genere, un effetto che è già in atto ed è irreversibile.
L’emergere di questa nuova esigenza modifica la sfera pubblica stessa, la rimodella e attiva (per quanto incredibile possa sembrare) nuovi tipi di conoscenza, di relazione, di informazione collettiva.
E non è neanche necessario Twitter (la piattaforma online) per realizzare Twitter, come in questo caso.

Quindi dire che Twitter influenza i politici è una tautologia: certo che li influenza, come mille altre situazioni nella vita, e come influenza gli ingegneri e i fiorai.
Ma dire in quale misura, oltre ad avere poco senso, non è possibile perché non abbiamo ancora un modello di comprensione valido e abbastanza dati e forse non li avremo mai.
Per sempre più gente oggi Twitter (o la Rete, i Social Media) è un nuovo elemento culturale: è lì, ha il suo ruolo ma certamente non ipnotizza nessuno per fargli fare ciò che non vorrebbe.
Al contrario, in politica, rappresenta un fattore (minimo) di trasparenza e di controllo da parte dei cittadini.
Perciò bisogna smetterla di rappresentarlo come un “mezzo”, come un telefono, un telegrafo, uno strumento che possiamo decidere se usare o no, spento o acceso.
Non è così, Twitter (e la Rete) esiste e fa parte del mondo intorno a noi a prescindere dalla nostra volontà, anche se non lo usiamo o non lo conosciamo o viviamo da eremiti.
È  per questo che non ci si può più permettere, da parte di chi si occupa di comunicazione o di informazione, di ignorare cosa sta accadendo culturalmente o addirittura tentare di sabotare questi fenomeni.

Per chi ha tempo di approfondire consiglio:
– esempio negativo: Aldo Cazzullo fa la diretta per il Corriere dal Parlamento per l’elezione del Presidente della Repubblica via SMS. Perché non via Twitter? Sarebbe trasparente e pubblico, perché si cerca di evitare di contribuire a un interesse collettivo?
Ma subito dopo Cazzullo scrive sul Corriere della Sera un editoriale sui “nuovi politici in balia di un tweet” (che curiosamente non viene pubblicato online): che credibilità ha? a chi sta parlando? su questo tema cruciale esiste un giornalismo a due velocità?
– Giovanni Boccia Artieri: Twitter non sceglie il Quirinale. La generazione dei neo-eletti e la vigilanza civica.
– Massimo Mantellini: Tre argomenti contro.
– Fabio Chiusi: Twitter, il Colle e i tecnoschiavi.
– Giuseppe Granieri: Chi ha paura di Twitter?

quanti sono gli elettori italiani su Twitter?

Uno dei temi caldi della campagna elettorale in corso è il ruolo che la Rete può giocare nella caccia ai voti.
Naturalmente Internet è già utilizzata da tempo in politica e i Social Media (tra cui Facebook) hanno assunto un ruolo stabile ma è in particolare Twitter che sta attirando le maggiori curiosità per la fama e l’eco che è riuscito a guadagnarsi negli ultimi anni sui mass media tradizionali.
Le misure quantitative sul ruolo di questa modalità di interazione sono attualmente poco significative (al contrario dei media classici a cui siamo abituati) anche perché non abbiamo la conoscenza completa del contesto in cui agiscono, che potrebbe estendersi quasi in ogni ambito.
D’altro canto le misure qualitative, compreso il discusso sentiment, mancano ancora di solidi modelli interpretativi lasciando per adesso come unica strada le buone pratiche di strategia.

Il paradosso in un sistema come Twitter che macina tanti dati (500 milioni di tweet al giorno) è proprio quello di non avere ancora abbastanza dati (e modelli) per capire davvero.
All’origine di questa incertezza c’è anche Twitter stesso, il cui modello di business è ancora empirico, che rilascia dati con grande lentezza e prudenza e cerca di rendere l’interazione esterna con i propri dati non agevole o molto costosa.
Non esistono insomma delle statistiche periodiche pubbliche sull’utilizzo e su ogni aspetto di Twitter, anche a livello locale.
Sappiamo ufficialmente che gli utenti attivi nel mondo sono 200 milioni ma non abbiamo molti altri dettagli.
Esistono naturalmente numerose ricerche (più o meno valide a seconda del loro valore statistico) sui numeri di twitter che ci mancano ma pur sempre privi dell’aspetto analitico originario che ci aspetteremmo da un sistema di questo tipo. Continue reading

l’ipertweet con Vine su Twitter

Le molteplici possibilità narrative offerte dall’integrazione in Twitter di Vine, un’app che permette di realizzare video di 6 secondi composti da diversi spezzoni con audio e visibile senza bisogno di particolari plugin.
Ho fatto un esperimento con la vicenda di queste ore riguardo il profilo Twitter di Augusto Minzolini (ex direttore del TG1 e candidato del PDL in Liguria):

Una (meta)narrazione nuova se espressa nei termini di un nuovo linguaggio digitale al posto del linguaggio tradizionale dei mass media (comunque impegnativo da rispettare in 6 secondi).
Un esempio di quest’ultima è una magistrale sequenza del film The Snatch di Guy Ritchie in cui la narrazione del viaggio di un protagonista da New York a Londra, insieme alla sua manifesta irritazione per i viaggi e per l’Inghilterra, dura proprio 6 secondi:

Le potenzialità di Vine sono elevate, sono quelle dell’Instagram dei video.

il valore di un tweet (e di un retweet) e la diffamazione su Twitter: @Beppe_Grillo vs @Riotta

Chiariamo prima di tutto una cosa: un retweet non vale meno di un tweet. Sia esso un retweet puro, fatto utilizzando il tasto funzione di Twitter, sia editato a mano con l’indicazione “RT” sia proposto tra virgolette quel contenuto sarà visibile nella nostra timeline allo stesso livello degli altri, sia su web sia con l’app ufficiale (sono ormai poche e obsolete quelle non ufficiali che non mostrano i retweet di un utente ma solo i suoi tweet e vi sconsiglio di usarle). Anzi si potrebbe dire che il retweet vale forse più di un tweet sulla piattaforma visto che viene considerato dal sistema Twitter come una sorta di gradimento del contenuto. Tecnicamente equivalgono entrambi a proporre ai nostri follower un contenuto, un concetto, un’idea. Sta poi a chi ci segue interpretare o contestualizzare o persino reagire alla presenza di quel contenuto. È proprio questa l’interazione che è al cuore dei Social Media (e quindi di Twitter), non solo quella esplicita di una reazione o di una risposta ma anche quella implicita nella definizione collaborativa del contesto comunicativo comune. Sto facendo satira? Sto facendo cronaca? Sto chiacchierando con gli amici come al bar? Chi mi segue si aspetta che la chiacchiera da bar abbia valore informativo? o che la cronaca sia in realtà satirica? Questo dipende non solo da noi ma dai nostri follower e insieme si contratta ruolo e contesto. Perciò la presenza di un contenuto su Twitter, o in generale online, non equivale per esempio a quella sui media tradizionali come la TV e la stampa dove, essendo già definiti ruoli e contesto, la semplice esposizione del contenuto definisce già tutto. Continue reading

2012, l’anno di Twitter, l’ennesimo (ma il meglio deve ancora venire)

Non solo il mondo non è finito il 21 dicembre 2012 ma anche questo sarà definito “L’anno di Twitter”, come tutti gli altri fin dal 2009 almeno.
Attualmente seguo istantaneamente su Twitter almeno 1000 persone in italiano, periodicamente arrivo a 3000, e devo dire che il 2012 è stato effettivamente un anno in cui questa modalità di comunicazione è cresciuta.
Sarà perché i giornalisti lo hanno davvero adottato in massa non solo come una fonte ma come un modo di commentare e confrontarsi o perché l’aura di misticismo intorno al citizen journalism si è dissolta mostrando la realtà di chi fornisce contenuti realmente di qualità e chi inventa solo storie per catturare l’attenzione. Continue reading

un’informazione #DigitalFirst col finanziamento @Pubblico, la via italiana?

A poco più di tre mesi dalla sua uscita in edicola Pubblico, il quotidiano fondato da Luca Telese, annuncia lo stop alle pubblicazioni.
Non sappiamo se e come sarà salvato nel 2013, se proseguirà online ma l’ultimo numero stampato per ora sarà quello del 31 dicembre.
In realtà neanche oggi sarà in edicola perché la redazione è entrata in sciopero.
Già nei giorni scorsi Telese aveva dato l’allarme chiedendo uno sforzo ai lettori e sostenitori e spiegando cosa stesse accadendo.
In estrema sintesi, gli obiettivi per la parte digitale erano in linea con le previsioni (soprattutto per la parte di advertising) mentre dopo il primo mese il calo delle vendite cartacee e degli abbonamenti è stato consistente, portando lontano dal punto di sopravvivenza.
Ora molti si chiedono come sia possibile che in soli tre mesi un quotidiano fallisca la sua impresa e puntano il dito contro il business plan. Continue reading

Snow Fall, la vera valanga sull’editoria giornalistica online

In queste ore sta destando ammirazione il pezzo multimediale “Snow Fall” di John Branch pubblicato sul sito web del New York Times.
È il racconto sui sopravvissuti a una terribile valanga a Tunnel Creek sulle Cascade Mountains nello Stato di Washington, nel febbraio 2012.
Non si tratta del solito articolo con il formato ereditato carta, più o meno adattato alla lettura su web e ottimizzato per advertising e motori di ricerca, ma di una narrazione testuale integrata strettamente con contributi multimediali (video, interviste, ricostruzioni, foto).
Il risultato non è appesantito, come spesso avviene in progetti di questo tipo, stupisce per la scorrevolezza su ogni device ed è piacevole, quindi informativo.
Inevitabile, quindi, la domanda che corre online se questa possa essere una strada valida per i nuovi modelli di business giornalistici digitali. Continue reading