Snow Fall, la vera valanga sull’editoria giornalistica online

In queste ore sta destando ammirazione il pezzo multimediale “Snow Fall” di John Branch pubblicato sul sito web del New York Times.
È il racconto sui sopravvissuti a una terribile valanga a Tunnel Creek sulle Cascade Mountains nello Stato di Washington, nel febbraio 2012.
Non si tratta del solito articolo con il formato ereditato carta, più o meno adattato alla lettura su web e ottimizzato per advertising e motori di ricerca, ma di una narrazione testuale integrata strettamente con contributi multimediali (video, interviste, ricostruzioni, foto).
Il risultato non è appesantito, come spesso avviene in progetti di questo tipo, stupisce per la scorrevolezza su ogni device ed è piacevole, quindi informativo.
Inevitabile, quindi, la domanda che corre online se questa possa essere una strada valida per i nuovi modelli di business giornalistici digitali.

Innanzitutto c’è da notare che quello di John Branch, finalista al Pulitzer, è in realtà un breve ebook pubblicato da Byliner al costo di $3.53 in collaborazione con New York Times.
Quindi il risultato finale che vediamo è di fatto l’aggiunta di un livello tecnologico a una narrazione esistente, senza dubbio col controllo e l’aggiunta dei contributi da parte dell’autore in modo da amalgamare il tutto.
Lo stesso lavoro tecnico non è particolarmente evoluto, si tratta di codice alla portata di qualunque buon web designer, ma rende il progetto particolarmente efficace nei suoi intenti.
Questo testimonia come per ottenere un buon risultato non serva chissà quale tecnologia evoluta ma solo un’ottima integrazione tra la parte tecnologica e quella giornalistica (in questo caso caso il New York Times è tra i pochi che da tempo ha un team dedicato a questo).
Anzi il principio non è molto distante dagli ebook o dalle app per tablet (native o in HTML5) che già si producono e che non stanno certo sostituendo i ricavi della carta, per ora.
Eppure tutti sembrano pronti a giurare che questa strada sia quella giusta e che sia un contenuto per cui i lettori sarebbero disposti a pagare.
È un’intuizione corretta, secondo me, la domanda c’è e cresce, i marketplace esistono e migliorano i metodi di pagamento.
Cosa manca allora?

Se guardiamo al processo di produzione di un contenuto di questo tipo, oltre al fatto che non si tratta proprio di cronaca del giorno prima, ci si rende conto che è ancora lento e artigianale.
Anche la creazione di app specifiche richiede un certo setup (e investimento) iniziale, a volte per ogni edizione, anche se si troveranno sempre più soluzioni automatizzate e meno costose.
Ma non è abbassando questa barriera che si potranno risolvere le cose, è necessario cambiare il modo di lavorare e quindi il sistema che gira intorno.
È quindi una questione attinente in modo particolare agli editori.
Il loro problema dovrebbe essere capire come produrre e vendere efficientemente prodotti digitali di questo tipo, ricostruendo un’industria intera.
Non è una questione solo di aggiornamento professionale dei giornalisti (che in realtà stanno crescendo molto) o, come si sente dire spesso, della poca voglia dei lettori di pagare i contenuti che trovano gratis altrove (basterebbe l’esempio della musica online  con l’iTunes Store oltre i 15 miliardi di brani venduti fino ad oggi).
Sta cambiando il valore dell’informazione per i lettori, il modo in cui ne fruiscono, il modo in cui la usano e la conservano.
Il digitale non ha sottratto ricavi all’industria preesistente, ha cambiato il gioco e finché l’industria non ripenserà se stessa in questi nuovi termini non ci sarà alcun advertising online o paywall (due formule ancora legate concettualmente al passato) a salvare i bilanci.
Insomma se parliamo di nuovi contenuti in nuovi contesti deve cambiare tutto quello che è intorno, non si possono applicare tout-court vecchi modelli.

Il dilemma degli editori, oggi, è esistenziale.
Come ripensare i numeri, i costi, gli investimenti e le tecnologie.
L’era del controllo assoluto è finita, l’editore non riesce più ad essere in cima alla piramide della produzione e vendita di informazioni, e se si ostina a volerlo essere rischia grosso.
I margini non risiederanno più nel controllo di formati, supporti, tecnologie, autori.
Oggi l’editore deve iniziare ad abbassarsi tra gli autori, le notizie, i lettori alla ricerca della qualità e tra gli sviluppatori e i produttori alla ricerca delle migliori tecnologie e supporti.
È la stessa vocazione ma avviene in modo radicalmente diverso, con un approccio liquido, molto allargato e continuamente in evoluzione.


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