perché il Premio Nobel per la Pace non serve a Internet ma ai Liu Xiaobo

Alcuni si saranno accorti che da 10 mesi la versione italiana del magazine Wired sta sostenendo una campagna (firmata Ogilvy) per l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Internet, che avverrà l’8 ottobre (domani).
Forti del fatto che il premio, del valore circa di 1,5 mln di euro, è stato già assegnato in passato a un’entità (anche se giuridica) invece che a una persona, la rivista guidata da Riccardo Luna, edita da Condé Nast (uno degli editori più grandi del mondo), sta spendendo la propria credibilità e quella degli appassionati della Rete per sensibilizzare politici, personaggi famosi e giornalisti sulla bontà di questa idea.

Mi sembra poco utile approfondire il discorso su cosa rappresenti Internet per l’umanità e se sia un mezzo intrinsecamente buono o cattivo o se sia solo un mezzo, e come tale neutro.
È più interessante invece allargare l’orizzonte e cercare di capire ciò di cui si sta veramente parlando.
Il Premio Nobel per la Pace è uno dei riconoscimenti simbolici più importanti dell’umanità, viene conferito a persone che si sono impegnate attivamente a favore della pace.
Tra i premiati ci sono Madre Teresa di Calcutta, l’attuale Dalai Lama, Nelson Mandela, Martin Luther King, Rigoberta Mench??, Aung San Suu Kyi, Gorbaciov, Desdmond Tutu, Lech Walesa.
In realtà il premio ha da sempre un ruolo persino superiore nel sostenere lotte importanti per i diritti umani e la democrazia tramite gli attivisti più esposti, in ogni parte del mondo.
Quindi è un Nobel che da sempre cerca esso stesso di contribuire alla pace accendendo i riflettori mediatici per una volta l’anno dove è necessario.
Certamente ci sono stati premi poco meritati, come quello a Obama, o inammissibili, come quello a Kissinger, ma anche in questi incidenti l’assegnazione manteneva la sua logica, sebbene perversa.

Il premio a internet però cambierebbe qualcosa.
Gente ben più influente di me ha già spiegato mesi fa perché sarebbe qualcosa di negativo.
Ma vorrei aggiungere due argomenti importanti.

Il Premio Nobel per la Pace a Internet sottrarrebbe visibilità (e in realtà lo ha già fatto) in occidente a battaglie umanitarie rilevanti e a chi si spende per questo.
Liu Xiaobo è uno di loro.
È uno dei dissidenti cinesi più rappresentativi, attualmente in galera per le sue idee (la sentenza con cui è stato condannato nel 2009 andrebbe letta), e sta mettendo in gioco la sua vita per i diritti umani.
Quello dei diritti umani in Cina è uno dei temi mondiali più caldi – a volte agitati retoricamente – dall’epoca della rivolta soffocata nel sangue di Piazza Tiananmen (di cui Liu è stato uno dei protagonisti) fino ai giorni nostri in cui il paese di Mao è uno dei motori dell’economia mondiale pur mantenendo sfumature totalitarie e repressive (basti pensare alla questione del Tibet o al massacro degli uiguri).
Xiaobo sarebbe il primo cinese a vincere questo premio e Pechino sta facendo pressioni di ogni tipo pur di non far accendere questi riflettori.

La scena in cui i compagni di Carta 08 e gli amici di Liu – e Liu stesso – si battono per migliorare le condizioni di tutti a rischio continuo della loro libertà fisica contrapposta a un gioioso tour divulgativo condotto da magazine e agenzie pubblicitarie sui miracoli dei nostri gadget tecnologici non è proprio edificante, anzi è deprimente.
Significherebbe che Internet ha fallito proprio per chi lo promuove come strumento principale di consapevolezza, di conoscenza e quindi di pace.
Se Internet fosse tutto e solo questo allora il gruppo promotore dovrebbe in realtà usare la forza della Rete¬†proprio per appoggiare la candidatura e la vicenda di Liu Xiaobo, e di quelli come lui.

Ma c’è un punto finale ancora più rilevante.
Se internet ricevesse il Nobel in questo modo, i limiti nello sfruttamento di una istituzione del genere rischierebbero di crollare.
Se avesse successo oggi un gruppo di sostegno del genere per un premio Nobel, domani ne arriverebbero altri e presto, chi lo sa, potrebbe essere assegnato per “acclamazione popolare”,¬†chissà a chi, o cosa.


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