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una spinta decisa alla Rete italiana

Ho sempre più l’impressione che quella rete di relazioni e di contatti che chiamavamo Blogosfera e adesso, forse, chiamiamo Socialsfera in Italia sia certamente un luogo di incontro virtuale e reale tra professionisti, imprenditori e appassionati, un luogo di scambio e spesso di arricchimento ma stenti ancora a diventare un vero e proprio marketplace per la comunicazione digitale.
Altrove la rete e i suoi incontri, ormai da anni, diventano occasioni di business diretto con i “big player” (penso alla West Coast in USA, ai First Tuesday di Londra), con le industrie che hanno soldi da investire in comunicazione digitale, da noi l’unica versione di mercato che vi funziona è quella del lavoro subordinato: azienda cerca collaboratori o dipendenti. Gli affari si fanno altrove.
E così la Socialsfera diventa un posto dove ognuno porta il proprio bagaglio, lo mostra, a volte lo coinvolge, a volte è una buona vetrina, si discute, si chiacchiera, si scherza, si impara ma i veri contatti di business, le relazioni solide, rimangono fuori.
Sarebbe una situazione normale in una fase pionieristica ma a quasi dieci anni dalla nascita del blog questa fatica a crescere nella direzione più ampia e appetibile di sviluppo può diventare preoccupante per questo settore dell’innovazione italiana e può inaridirlo.
Serve una spinta decisa da parte dei più lungimiranti, non serve continuare a coltivare l’orticello offline per poi esporne i risultati online.

Friendship Policy 2009, ovvero che mi aggiungi a fare se con me non vuoi comunicare?


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Per chi, come me, considera i social media una forma aperta di comunicazione, prima che un modo per stabilire un collegamento virtuale con qualcuno o chiudersi in piccoli gruppi di interesse, le regole di approccio, collegamento, comportamento sono sempre state importanti.
Ora che i network si moltiplicano e la conversazione globale si fa sempre più liquida diventano essenziali.
Con l’arrivo repentino di molti neofiti dei social network ho deciso di lasciare la strada della carota + bastone e mettere nero su bianco le regole che seguo nell’aggiunta di nuovi contatti sui social network che frequento (di cui potete trovare i link qui a destra).

Facebook

Io non penso, come molti tecno-conservatori, che facebook debba essere riservato a un ristretto novero di conoscenze personali acquisite altrove (magari in modi molto meno “sicuri”…), come se gli stessi aprendo la mia porta di casa.
Invece su Facebook è possibile fare nuove conoscenze e comunicare pienamente a patto di essere coscienti del mezzo e rispettare il suo contesto, come per tutti i social media.
In fin dei conti si tratta di un “annuario” virtuale con qualche informazione aggiuntiva su cui ci si relaziona a livello esclusivamente personale.
Quindi non create account a nome della vostra società o della band in cui suonate o del vostro personaggio storico preferito (esistono delle pagine apposite su facebook per gestire questo).
In tal caso non vi aggiungerò, io ho il mio volto, foto e video di me, le informazioni personali che ho deciso di condividere e vorrei relazionarmi con qualcuno che fa lo stesso.
Meno che mai gli account anonimi o un personaggio di fantasia o la vostra ultima trovata situazionista.
Apprezzerò sicuramente molto la vostra creatività ma Facebook non è il posto adatto.
Viceversa non ho mai filtrato nessuno per la differenza di interessi, anzi credo che la diversità sia una gran ricchezza (ovviamente il discorso non si applica a chi risulta a mio insindacabile giudizio antipatico).
Sempre considerando il contesto di Facebook è molto gradita una propria foto nel profilo.
D’altronde se volete nascondervi o rimanere anonimi avete sbagliato link.
Infine non ve la prendete se non vi scrivo o commento ogni mezz’ora, vi sto seguendo lo stesso, la Rete è molto grande, ci sono molte cose da seguire e cerco di essere sempre più multitasking.
Se ve la prendete per questo allora forse fate bene a togliermi.

Twitter

Siamo quasi agli antipodi di Facebook, qui è possibile creare un account del magazine in cui lavorate o esprimere il vostro talento artistico con un romanzo a puntate di 140 caratteri.
L’importante è che si abbia un riferimento esterno per sapere con chi si ha a che fare.
Quindi non aggiungerò chi non ha un link di riferimento nel profilo.
Ovviamente non aggiungerò spammer espliciti, ad es. chi ti aggiunge al solo scopo di mostrarti il link del proprio sito/prodotto che campeggia solitario nel profilo.
Ma neanche (sempre a mio giudizio) spammer impliciti.
Come si riconoscono gli spammer impliciti?
Se segui 5000 contatti e sei seguito solo da 10 sei uno spammer implicito (o una persona terribilmente poco interessante) e probabilmente hai usato un programmino per aggiungere gente a caso.
Se vuoi solo promuovere il tuo servizio/prodotto/sito e non vuoi realmente conversare sei uno spammer implicito e non ti aggiungerò.
E’ anche possibile che ti aggiunga per verificare se sei uno spammer, in caso positivo poi ti toglierò.
Spesso mi imbatto in conversazioni stimolanti nella Rete e cerco di aggiungere nuove voci interessanti su twitter ma se avete il vostro profilo protetto (compare il lucchetto) non lo farò, anche perché mi è impossibile vedere il profilo senza superpoteri.
Infine se mi aggiungete per fare numero e poi mi ignorate vi toglierò, perché evidentemente non avete voglia di conversare con me.

Friendfeed

E’ il social network emergente, che in Italia non ha ancora sfondato perché testate autorevoli come Max o TGCom non ne hanno ancora evidenziato il potenziale pornografico e corruttivo, in cui è possibile far fluire tutte le proprie attività online con l’aggiunta di ulteriori commenti e discussioni.
Qui rispetto all’utilizzo italico le problematiche derivano dal fatto che molti lo usano come se fosse una chat privata (o al meglio un forum di discussione dei tempi del php-nuke) con un gruppo ristretto di amici/parenti/sodali/colleghi (di solito seduti alla scrivania di fronte) che sadicamente infliggono alla blogo-twittero-frendfiddo-sfera tutta, contemporaneamente.
Eh sì perché gli (ingenui) creatori americani per allargare la conversazione hanno pensato – giustamente – di fornire a ogni utente non solo le conversazioni degli amici ma anche quelle degli “amici degli amici“, ignari del potenziale che quel termine ha nel nostro paese (ma allora Coppola tre “Il Padrino” che li ha fatti a fare?).

Ora nessuno pretende che si dicano sempre cose interessanti, anzi, ma conversazioni criptiche del tipo “oggi mi sento rataplan” “ahahah sei fuori” “ho capito, stasera al pier ti dico” e via altri 120 commenti, tutti sempre tra le stesse 5 persone, che portano continuamente in evidenza la discussione per le seguenti 4 ore francamente sono pesanti, evidenziano una voglia di conversare con gli altri pari a zero ed equivalgono più meno a quelli che in treno vogliono far sentire a tutto il vagone la propria vita, anche a chi ha sonno.
Per fortuna i creatori ci hanno fornito di due strumenti aggiuntivi: hide (che permette di nascondere discussioni e discussori a diversi livelli) e like (anche se effettivamente un tasto “estigrancazzi” manca).
Allora, ovviamente discussioni come queste le nasconderò (hide).
perché hide e non scroll (del mouse)? perché così si evita che continuino a tornare su per tutta la giornata.
Userò l’hide anche con chi non ha voglia di conversare o condividere realmente ma solo di fare spamming di se stesso ovvero proiettare il proprio splendido ego sui mille schermi dei social network; non per motivi moralistici ma per motivi di tempo e di opportunità: se voglio bearmi dello spettacolo di qualcuno uso altri network e altri media.

Come si può intuire su Friendfeed può non servire a molto disiscriversi ai feed di qualcuno perché potrebbe ricomparire nei contenuti che visitiamo come “amico dell’amico” di un nostro contatto quindi la funzione hide può essere molto utile.
Ma è anche importante la qualità dei contatti che hanno i nostri “amici”.
Nei casi estremi potrà essere necessario nascondere tutti i feed provenienti dai contatti di un singolo contatto (ma non mi è ancora capitato).
Invece non disattiverò mai la possibilità di vedere gli “amici degli amici” di qualsiasi mio contatto perché secondo me questa sorta di serendipità sociale di Friendfeed è proprio la sua grande forza.
Di norma mi iscrivo a qualsiasi contatto si iscriva a me su Friendfeed (perché è nella caratteristica del network quella di fornire riferimenti esterni a siti-blog-ecc.) anche a coloro che capiscono l’italiano ma scrivono in lingue che non comprendo (che è quello che molti americani fanno con me visto che non ho ancora implementato il mio sito in inglese).
Però a volte capita che qualcuno pur avendoti aggiunto ai tuoi contatti (cosa che ti spinge come detto a ricambiare l’aggiunta e quindi vedere i suoi feed e anche quelli di tutti i suoi amici) poi ti ignori completamente, non nel commentare i tuoi feed (e ci mancherebbe, non scriviamo sempre cose interessanti) ma per es. nelle discussioni all’interno dei suoi stessi feed!
Se questo capita a lungo lo toglierò dai contatti, non per ripicca ovviamente (ognuno fa come vuole) ma se qualcuno non ha voglia di conversare con me perché mi devo sorbire tutti i suoi feed e quelli dei suoi amici?¬† (oltretutto c’è una buona probabilità che questo capiti perché ti ha messo in hide dopo averti aggiunto, in pratica la nuova frontiera dello spammer sociale).
Infine se aggiungo un contatto perché mi interessa conversare con lui e lui (dopo un ragionevole lasso di tempo, sì lo so) non mi aggiunge allora lo tolgo.
Tecnicamente potremmo conversare lo stesso ma nel farlo ci vuole anche un minimo di attenzione, che è quella che io cerco di dare, e che quindi mi aspetto.
Ad ogni modo anche qui, capisco benissimo, uno può non voler conversare con tutti e in tal caso andiamo avanti, senza rancore.

quelli che in palestra (men version)


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Quelli che in palestra per spogliarsi occupano tutte le panche.
Quelli che non contenti lasciano le loro borse, scarpe ecc. in giro nello spogliatoio.
Quelli che si portano il cellulare in palestra.
Quelli che interrompono un esercizio per rispondere a un sms.
Quelli che si mettono l’olio/crema idratante dopo la doccia.
Quelli che roteano come i dervisci per infilarsi la giacca.
Quelli che fanno i duri allo specchio.
Quelli che usano un deodorante spray con un essenza intrusiva derivata dal gas nervino, da togliere il fiato.
Quelli che usano il bagnoschiuma alla stessa essenza.
Quelli che tutte le docce sono libere e si devono mettere proprio accanto a te.
Quelli che tutti gli armadietti sono liberi e si devono mettere proprio vicino a te.
Quelli gonfi curatissimi in ogni dettaglio che poi sollevano la stessa tua quantità di pesi che è la prima settimana che sei iscritto.
Quelli che tu stai usando una macchina, c’è il tuo asciugamano , ti giri e li ritrovi a usarla noncuranti “tanto è solo una serie”.
Quelli che si parlano da un lato all’alto dello spogliatoio raccontandosi tutti i cavoli loro.
Quelli che sono davvero negati ma pensano di essere degli atleti di alto livello facendo esercizi improbabili in cui mettono a rischio la propria vita e quella degli astanti.
Quelli che si sono scelti tutto l’abbigliamento in modo da evidenziare i propri pregi e nascondere i difetti.
Quelli che ci vanno in gruppo, fanno gli esercizi in gruppo e chiacchierano in gruppo.
Quelli che esagerano col peso per le braccia, compensano con le spalle e se le rompono.
Quelli che abboccano a qualsiasi trucco alimentare tipo mangiare barrette di gabbiano, succo di provola o solo proteine nelle ore dispari e prima di svegliarsi.
Quelli che si depilano dalla testa ai piedi.
Quelli che usano il phon per asciugarsi i peli del petto (se va bene).
Quelli che devono per forza fare gli amiconi con gli istruttori.
Quelli che si addormentano nell’idromassaggio rischiando di affogare.
Quelli che visto da qui il maschio italiano è messo proprio male…

la tutela degli interessi italiani, a tasso variabile


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ENI cederà la rete di distribuzione gas di Roma detenuta da Italgas alla francese Suez.
In questo modo il monopolista di fatto italiano dell’energia, con concessione statale, che ha già avuto un’annata straordinaria grazie ai prezzi del petrolio, incasserà circa 1 miliardo di euro.
Se ne sentiva gran bisogno.
Chissà se tutto questo surplus di denaro verrà utilizzato, dietro stimolo del governo, per alleviare le bollette degli italiani o per arricchire le tasche dei grandi azionisti e manager.
Voi su cosa scommettereste?

Rimane solo un grosso dubbio: perché quel baraccone di Alitalia non poteva essere venduto a nostre condizioni vantaggiose ad Air France per tutelare gli interessi italiani mentre cedere una ben più importante rete di distribuzione di energia della capitale sempre ai francesi è cosa lecita che non suscita il minimo imbarazzo.

il deserto del mainstream


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Se una tv americana dicesse che a Bolzano esiste un pericolo di sbarco clandestini voi che pensereste?
Ecco, è più o meno quello che hanno detto i mainstream italiani riguardo al rapimento dei turisti nel deserto egiziano, che per fortuna si è risolto positivamente.
Quando arrivò la notizia e si parlava di Assuan (nei pressi della famosa diga) rimasi interdetto: come fanno dei predoni ad arrivare in uno dei luoghi turistici più presidiati che si conosca?
Esercito, posti di blocco, metal detector.
E infatti c’era un errore gigantesco, i turisti sono stati rapiti in un angolo (letteralmente) di deserto egiziano al confine tra il Sudan e la Libia, uno dei posti più inospitali del pianeta (seppure bellissimo), un’area che si avvicina molto a una terra di nessuno, percorsa dalle carovane di clandestini diretti sulle coste libiche – e poi in Italia – e naturalmente anche da predoni.
Un’area inaccessibile se non dietro specifici permessi delle autorità egiziane (e se ne capisce anche il motivo).
Ma i media nostrani, imperterriti, hanno continuato a mostrare immagini di posti come Luxor, Assuan, addirittura il Mar Rosso! che invece distano un migliaio di km e si trovano in una situazione totalmente diversa, proprio come tra Lampedusa e Bolzano.
E giù il riepilogo di tutti gli attentati ai turisti avvenuti in Egitto (che non c’entra nulla coi predoni del deserto, a giudicare da cosa è avvenuto) da quello tragico del ’96 a quelli più recenti.
Poi, ciliegina sulla torta, tanto per fare un altro po’ di confusione l’aggiunta dell’avvertimento da parte delle autorità israeliane di non recarsi nel Sinai durante le festività ebraiche (!).
Il Sinai si trova in un’altra zona ancora, anch’essa molto molto distante!! con condizioni di sicurezza, neanche a dirlo, diverse dalle altre due.
Insomma un bel pasticcio geografico che alla fine ha come risultato quello di confondere e terrorizzare un altro po’ gli italiani che vogliono andare all’estero.
E che forse farà pensare a molti che è più sicuro spendere i soldini per le vacanze nella rassicurante e decadente Italia.
Buona Pensione Miramare a tutti!

Blogfest, le blogosfere che girano


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Prendo spunto dalla¬†Blogfest, a cui tra¬†l’altro¬†non potrei muovere nel merito critiche o complimenti, ¬†perché non ci sono stato – a causa di un piacevole impegno.

Le reazioni che leggo in giro fanno riflettere sul mondo italiano che gira intorno ai blog (mondo blog, blogosfera, blogopalla, chiamatelo come volete).
Premetto che probabilmente non ci sarei andato lo stesso, nonostante l’evento contenesse dei barcamp come l’ADVcamp che a giudicare dai video e dalle situazioni interessanti che si sono create sarebbe valso il viaggio a Riva del Garda.
Ovviamente non è scontato che un blogger partecipi alla Blogfest come un agente immobiliare alla convention aziendale, ci vogliono degli¬†stimoli.
E non intendo stimoli di semplice convivialità (quelli possiamo soddisfarli ogni settimana se vogliamo con mille -beer, -camp, -aperitivo, -cena) ma qualcosa di più.
Devo dire che in questo caso gli stimoli per fare un viaggio del genere, in un luogo dove non c’è nemmeno una stazione ferroviaria, dovendo per forza prendere un albergo, il tutto appena tornato dalle vacanze (perché si è svolto dal 12 settembre) no, non erano abbastanza.
Se mi avessero pagato tutto e risolto autonomamente i problemi organizzativi forse sarebbe stato diverso, ma se fosse accaduto che social network saremmo? Assomiglieremmo ad altri media mainstream da cui prendiamo le distanze quotidianamente…
Sbaglia però chi critica¬†comunque¬†l’organizzazione per questi motivi: in fondo ognuno è libero di fare l’evento che vuole, dove vuole, con chi vuole (soprattutto se è con i propri soldi).
E dopotutto criticare dopo avere anche abbondantemente partecipato, è lecito – per carità – però suona un po’ come andare a un raduno celebrativo e poi lamentarsi che è, appunto, celebrativo.

Però riesco a riconoscere che dietro alcune critiche c’è una radice che ha delle motivazioni antiche, che sono ancora evidentemente irrisolte.
Si parla da anni, anzi fin dagli albori, di divisione tra chi usa il blog per “fare soldi” e chi come strumento di crescita personale, tra chi ne fa uno strumento di autopromozione attiva e chi uno strumento di libera circolazione delle idee, tra chi segue la strada dell’autoreferenzialità e chi sceglie di aprirsi a tutti; persino tra gli aperitivisti modaioli di Milano e i birristi popolari di Roma!

In tutto questo si considera sempre la blogosfera alla fine come un’unica entità (come fosse la proiezione dell’idea di Italia stessa) composta di elementi di maggiore o minore successo, di segmenti di mercato (gruppi, giri, siti, eventi),¬†e il blog come unico oggetto d’attenzione.

Ecco, questa visione non corrisponde alla realtà, ed è questo stridore che probabilmente provoca i frequenti maldipancia.
Il blog è sempre stato, ed è, semplicemente un mezzo (e dopo quasi dieci anni dalla sua nascita ormai non ha più molto senso che se ne parli ancora così tanto): non esistono i blog esistono le persone, che comunicano.
Ma soprattutto questa unica nazione virtuale che accomunerebbe tutti quelli che scrivono su uno strumento chiamato blog¬†è pura astrazione.
Non esiste una blogosfera di riferimento ma mille blogosfere ben formate ognuna con il suo centro e la sua periferia, con i suoi profeti e i suoi giullari, le proprie usanze e la propria storia che a volte si intersecano o si incontrano e a volte no, a volte l’una non immagina neanche l’esistenza dell’altra.
Oggi è più facile rendersene conto perché ce l’ha già raccontato Chris Anderson: come creatori di contenuti siamo tutti elementi della coda lunga e quindi nessuno di noi (né alcun raggruppamento) può pensare realisticamente di essere “il tutto”.
Ognuno usa il proprio linguaggio e si unisce fatalmente con chi parla idiomi simili.
Così è normale per es. che chi già lavora nella comunicazione mainstream attiri sul proprio blog colleghi, futuri esordienti e amici del proprio giro e si relazioni come sa fare, per es. organizzando eventi con ospiti “prestigiosi” e inviti speciali.
Come è normale che critici letterari, scrittori e – per dire – copywriter con un libro chiuso a chiave nel cassetto finiscano insieme (e magari pubblichino qualcosa insieme).
E così via.

Nessuno di loro di noi può davvero rappresentare un’anomalia, un disturbo rispetto al “movimento” complessivo.
L’unica che può esserlo davvero è la testa¬†(nel senso di opposto della coda),¬†cioè la comunicazione mainstream stessa.
L’immagine di “villaggio globale” che quotidianamente induce in tutti noi porta proprio a quella conseguente¬†visione univoca¬†per ogni altro tipo di comunicazione e media che crea tanti problemi.
Per cui i blog citati sui quotidiani, quelli intervistati in tv, quelli che finiscono sulle agenzie o i settimanali sembrano di per sè acquisire valore e autorevolezza come un nuovo “c’è scritto sul giornale” del XXI secolo.

Quello che nuoce veramente ai blog è proprio questo, comunicarsi all’esterno come un assoluto pur essendo inevitabilmente un relativo.
Ecco, non credo sia corretto nei confronti di tutti quelli che credono in questo mezzo, che gli dedicano tempo e energie (anche quando sono scarse) e che di fatto¬†sono¬†quotidianamente social network (spesso da anni), porsi all’esterno o lasciarsi comunicare come per esempio in questo ultimo evento (ma se ne potrebbero citare tantissimi altri in precedenza)¬†La Prima Convention del Web (peccato non ci fosse¬†Luca Luciani) Il Festival Nazionale dei Blogger¬†¬†oppure Il Primo Raduno dei Blogger Italiani, la Blogosfera incontra XY e così via.
Ci sono così tanti gruppi che organizzano raduni ognuno secondo la propria sensibilità, possibilità o voglia che trovo personalmente meravigliosi o geniali, come il KaraCamp (dispiace averlo mancato) fino alle singole uscite o birre in qualsiasi città (non solo Milano) che non necessariamente si trasformano in lanci di agenzia o articoli su settimanali senza per questo avere minore valore nella Rete, anzi.
Quanto costerebbe un po’ più di umiltà relativa, un po’ di attenzione verso tutte le blogosfere e non solo la nostra?
Non è forse questa consapevolezza l’essenza dei social media di cui parliamo sempre?

mamma mi si è ristretta la compagnia di bandiera

Messaggio per tutti quelli che negli ultimi mesi si indignano di volta in volta per quanto ci costa al giorno Alitalia, quanto ci è costata fino ad oggi, quanto ci costerà il fallimento, di quanto ci costerà la cassa integrazione dei dipendenti che fino ad oggi sono stati privilegiati (?) e considerazioni varie.
I casi sono due: o siete in malafede o vi si siete svegliati da una ibernazione durata una ventina d’anni.
E’ da un bel po’ che Alitalia viene usata come scarico di (super)manager superpagati che non sanno neanche come far competere una compagnia aerea in un mercato in forte evoluzione.
E scarico di qualsiasi altra stupidaggine e favore politico.
D’altronde in Italia gli enti o le public company servono a questo, mica a fornire un servizio migliore ai cittadini/consumatori.
E dove eravate voi quando Alitalia è stata addirittura “usata” per far decollare l’aereoporto di Malpensa (soprannominato all’epoca “la cattedrale nel deserto”) accumulando milioni di euro di costi solo per spostare i dipendenti da Roma a Milano ogni mattina?
Purtroppo il destino di questo tipo di organizzazione pubblica in Italia è il declino e la svendita ai privati, costi sulla collettività e aumento delle tariffe; è successo sempre.
Per questo le condizioni di acquisto di AirFrance-KLM erano ottime data la situazione.
Ve ne ricordate o eravate ancora ibernati?
Era stata fatta – incredibile! – una gara (anzi due) vinta dai francesi, un motivo ci sarà stato.
E vi eravate già svegliati quando i sindacati e altri poteri economici e politici hanno fatto saltare tutto?
Ognuno aveva (e ha) il suo tornaconto in questa vicenda, perché Alitalia è una carcassa da sbranare che non si può lasciare ad altre iene.
Ma per favore risparmiateci le espressioni di sdegno e incredulità; e stavolta cercate di rimanere con gli occhi aperti 🙂

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Vista boys

Uno degli effetti collaterali pi?ɬ? interessanti di quando stacchi per qualche periodo dal mondoblog (attivit?ɬ† in cui sono maestro indiscusso) ?ɬ® che tornando ti poni candide domande, che nel flusso quotidiano forse avresti perso.
Ecco, ma i Vista boys?
Intendo quella pletora di comunicatori blogger accorsi su invito RSVP della Microsoft a rimirare il miracolo, per cui molti raccontavano ogni bene di quello che si ?ɬ® rivelato, per stessa ammissione dei dirigenti di Redmond, un fallimento al punto da dover annunciare immediatamente il suo successore Windows 7.
Eppure non era cos?ɬ¨ difficile capirlo, bastava avere aperto un sistema operativo concorrente contemporaneo o semplicemente chiedere a un (amico) esperto, come avrebbe fatto un giornalista qualunque (oddio giornalisti migliori dei blogger, che mi tocca scrivere).
Non mi fate aprire gli ultimi 32.000 feed non letti, qualcuno mi dica: ci sono state rettifiche? pentimenti serali pre-sonno?
Mi ricordo che si parlava tanto di qualit?ɬ† e autorevolezza, a che serve la seconda senza la prima? non ?ɬ® necessario il blog per vedere questo scollamento, basterebbe accendere la tv.
E poi quando i mercati ridono di te la cosa dovrebbe far riflettere di pi?ɬ? (ma Cluetrain Manifesto non era un caposaldo?).

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la coda lunga con le gambe corte

La Coda Lunga sembra essere diventata ormai il modello di business (e non solo) imprescindibile di questa fase del web definita “2.0“.
Ed ?ɬ® in effetti una spiegazione qualitativamente buona di ci?ɬ? che accade (o meglio di ci?ɬ? che ?ɬ® appena accaduto, l’articolo di Chris Anderson ?ɬ® del 2004) guadagnandosi una pletora di entusiasti e divulgatori proprio tra chi occupa posizioni di rilievo in classifica nella rispettiva attivit?ɬ† online, come per es. il blog e la relativa visibilit?ɬ†.
Il fatto che i blog, le realt?ɬ† professionali, i beni di consumo ecc. a pi?ɬ? bassa frequenza (di nicchia si potrebbe dire) possano complessivamente superare in importanza quelli a maggior visibilit?ɬ† e diffusione ?ɬ® un risultato importante e con implicazioni positive in ogni campo.
Ma che succede se quei sacerdoti del web 2.0 decidono di aggregarsi e formare un gruppo compatto?
E’ una cosa che accade raramente negli altri paesi, per ragioni fondate, ma che nell’Italia dei cartelli economici ?ɬ® molto diffusa.
Quando un pezzo intero di coda lunga organicamente si stacca, tenta di acquistare forza e imporsi al mercato il modello non pu?ɬ? che andare in crisi.
E ci va, paradossalmente, cantando in allegria l’inno del miracoloso web 2.0 .
Allora la domanda sorge spontanea: servono forse delle regole interne per tutelare lo sviluppo libero e sostenibile del web? analogamente a quelle che adesso chiediamo per limitare il potere assoluto di Google? o a quelle che vorremmo per garantire la net neutrality?
Che servizio si rende alle aziende, ai clienti, agli operatori della comunicazione, alla Rete stessa proponendo una impostazione che sovverte il modello stesso su cui si basa?
O forse sarebbe meglio sviluppare una sorta di deontologia professionale, o semplicemente applicare l’etica intrinseca nella Rete fin dai suoi inizi?

Sembrano le stesse domande che si facevano nell’era del web 1.0, funestato da corsari e venditori di fumo, le cui risposte furono repentinamente evidenti con lo “sboom” del 2001.
Forse non si ?ɬ® imparato nulla.
O forse c’?ɬ® davvero qualcosa di patologico nel web italiano.

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Franco Carlini

Ok sono in colpevole ritardo ma non vorrei lasciar correre la morte di Franco Carlini.
Mi ha rattristato e anche fatto sentire un po’ pi?ɬ? vecchio.
Perch?ɬ® adesso tocca a noi raccogliere la sua eredit?ɬ† critica sulla Rete italiana e non disperderla.
Sia chiaro, io molto spesso non ero d’accordo con lui.
O meglio non sempre riuscivo ad essere d’accordo fino in fondo con le sue visioni.
Probabilmente perch?ɬ® da un pioniere come lui, profondo conoscitore, ti aspetti sempre il massimo, nulla di meno.
Faceva parte dell’epoca eroica della Rete italiana, era diventato un punto di riferimento interno ed esterno ma non ne abusava, non cavalcava le onde, manteneva un punto di vista sempre indipendente.
Negli anni in cui molti giornalisti descrivevano superficialmente Intenet come un “covo di maniaci” (evidentemente solo perch?ɬ® il proprio Editore non era ancora sbarcato sulla Rete) lui non solo ne parlava e studiava ma faceva i fatti, una dote che apprezzo enormemente nelle persone e nel mio lavoro.
Ecco, ci lascia il suo modo di vivere e fare la Rete, sempre critico e mai autocompiaciuto e l’utopia che tutti questi bit messi nella sequenza giusta possano migliorare le nostre vite.
Ciao Franco.

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