Ho sempre più l’impressione che quella rete di relazioni e di contatti che chiamavamo Blogosfera e adesso, forse, chiamiamo Socialsfera in Italia sia certamente un luogo di incontro virtuale e reale tra professionisti, imprenditori e appassionati, un luogo di scambio e spesso di arricchimento ma stenti ancora a diventare un vero e proprio marketplace per la comunicazione digitale.
Altrove la rete e i suoi incontri, ormai da anni, diventano occasioni di business diretto con i “big player” (penso alla West Coast in USA, ai First Tuesday di Londra), con le industrie che hanno soldi da investire in comunicazione digitale, da noi l’unica versione di mercato che vi funziona è quella del lavoro subordinato: azienda cerca collaboratori o dipendenti. Gli affari si fanno altrove.
E così la Socialsfera diventa un posto dove ognuno porta il proprio bagaglio, lo mostra, a volte lo coinvolge, a volte è una buona vetrina, si discute, si chiacchiera, si scherza, si impara ma i veri contatti di business, le relazioni solide, rimangono fuori.
Sarebbe una situazione normale in una fase pionieristica ma a quasi dieci anni dalla nascita del blog questa fatica a crescere nella direzione più ampia e appetibile di sviluppo può diventare preoccupante per questo settore dell’innovazione italiana e può inaridirlo.
Serve una spinta decisa da parte dei più lungimiranti, non serve continuare a coltivare l’orticello offline per poi esporne i risultati online.
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visto ora il post…concordo su tutta la linea e lo sforzo “culturale” è ancora ben lontano dal concludersi, soprattutto verso management e “piani alti”. Secondo me però parte della responsabilità è anche della cosiddetta “blogosfera”…certa autoreferenzialità, anche a me che ci sono dentro, spesso fa storcere il naso (legittima per carità, ma poco “appealing”). Bisognerebbe raffrontare la “qualità” (contenuti-professionalità-costanza) dei primi 100 bloggers italiani rispetto a quelli USA: io non lo so, però bisognerebbe fare un bel benchmark, per fare le cose alla maniera aziendale 🙂