Mac, iPod, iPhone, iPad: il segreto del successo Apple è nella nicchia

La lunga storia di Apple corre accanto alle vicende dell’elettronica di consumo fin dagli anni ’70.
Ma è negli ultimi dieci anni che il suo marchio e i suoi prodotti sono diventati quasi leggendari agli occhi dei consumatori, dividendo gli appassionati.
Pur senza detenere quote di mercato schiaccianti, la crescita dei sui profitti e del suo valore in Borsa non hanno conosciuto sosta, neanche nei momenti di crisi planetaria.
I marchi dei suoi prodotti sono diventati nomi comuni usati per distinguere determinate categorie merceologiche, come solo la Sony seppe fare negli anni ’70 con il Walkman: l’iPod su tutti.

Il segreto del suo successo è spesso attribuito a espedienti ben precisi.
Prima di tutto una oculatissima strategia di marketing che avrebbe sopravanzato tutti i concorrenti.
Ma in effetti sembra poco plausibile che colossi dell’hardware e del software, ben più grandi, come IBM, Microsoft, Dell siano stati sconfitti a questo livello.
Se esistesse una formula magica del marketing per piacere così tanto ai consumatori di sicuro loro l’avrebbero già scoperta.
In realtà Apple non spende in marketing più degli altri né ha una specifica divisione particolarmente sovradimensionata.
Fa pubblicità in tv, questo sì, e la sua campagna “Get a Mac” è diventata popolarissima, un vero caso virale su Internet, eppure spende in spot molto meno dei concorrenti.
I suoi prodotti compaiono in moltissimi film, soprattutto hollywoodiani, ma Apple non dichiara alcun investimento in product placement.
Il suo marchio e quello dei suoi prodotti è in testa alle classifiche dei termini più ricercati su Internet e argomento prediletto sui Social Media eppure i suoi investimenti in questo sono praticamente nulli.
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perché il Premio Nobel per la Pace non serve a Internet ma ai Liu Xiaobo

Alcuni si saranno accorti che da 10 mesi la versione italiana del magazine Wired sta sostenendo una campagna (firmata Ogilvy) per l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Internet, che avverrà l’8 ottobre (domani).
Forti del fatto che il premio, del valore circa di 1,5 mln di euro, è stato già assegnato in passato a un’entità (anche se giuridica) invece che a una persona, la rivista guidata da Riccardo Luna, edita da Condé Nast (uno degli editori più grandi del mondo), sta spendendo la propria credibilità e quella degli appassionati della Rete per sensibilizzare politici, personaggi famosi e giornalisti sulla bontà di questa idea.

Mi sembra poco utile approfondire il discorso su cosa rappresenti Internet per l’umanità e se sia un mezzo intrinsecamente buono o cattivo o se sia solo un mezzo, e come tale neutro.
È più interessante invece allargare l’orizzonte e cercare di capire ciò di cui si sta veramente parlando.
Il Premio Nobel per la Pace è uno dei riconoscimenti simbolici più importanti dell’umanità, viene conferito a persone che si sono impegnate attivamente a favore della pace.
Tra i premiati ci sono Madre Teresa di Calcutta, l’attuale Dalai Lama, Nelson Mandela, Martin Luther King, Rigoberta Mench??, Aung San Suu Kyi, Gorbaciov, Desdmond Tutu, Lech Walesa. Continue reading

secondo la Cassazione Internet non è la carta, servono regole diverse

Una sentenza della Corte stabilisce che il gestore di un blog o il direttore di un giornale online o un hosting provider non possono essere responsabili di “omesso controllo” in caso di contenuti diffamatori, come previsto dall’art 57 c.p. per la stampa cartacea (a meno che non ne siano già al corrente).
Si chiude quindi per il momento anche in Italia l’annosa vicenda che vedeva la comunicazione online a continuo rischio di censura soprattutto a causa dei caratteristici commenti e delle interazioni dei lettori (pardon, amici).
Infatti con la presunta ed erronea equiparazione tra carta e web qualsiasi commento diffamatorio sfuggito al controllo del gestore o anche presente per un periodo limitato di tempo prima di essere cancellato (ma adeguatamente registrato) poteva portare a conseguenze penali.
Questo comportava una forma di abuso abbastanza diffuso: per colpire qualcuno bastava inserire artificiosamente e “anonimamente” un commento diffamatorio. Continue reading

il Corriere che sarà: il nuovo giornalismo passa solo dai giornalisti o anche dagli editori?

In questi giorni i giornalisti del più autorevole quotidiano italiano, il Corriere della Sera, sono in sciopero sia su carta che online.
Motivo del contendere uno scontro col direttore Ferruccio De Bortoli che in una brillante lettera (che vi consiglio caldamente di leggere) gli chiede di abbandonare vecchi privilegi sindacali, essere più flessibili e orientati a Internet.
Scritta in un modo magistrale, sembra un inno alla rivoluzione digitale nel giornalismo (e forse lo è) ma lascia qualche dubbio.
Oggi quasi tutti gestiscono la versione online di un quotidiano con una redazione a parte, che ha dei ritmi elevatissimi, molto diversi dagli altri settori, dove si riesce invece a coltivare l’approfondimento.
Questo distacco esiste da sempre (addirittura per le versioni digitali iPad o iPhone i giornalisti del Corriere su carta si rifiutano di scrivere) ed è indubbiamente un freno all’evoluzione del giornalismo nelle grandi redazioni.
De Bortoli vuole che questo muro cada, che la velocità aumenti per tutti, che nessuno sia più inamovibile e che si possano affrontare molti progetti “multimediali”.
Già in molte redazioni straniere Internet è l’acqua di cottura comune ma cosa succede quando è l’editore a imporre arbitrariamente questo e non è frutto di un mutamento culturale e professionale?
Ha senso chiedere adesso, e così, a giornalisti d’esperienza di aumentare i ritmi, rinunciare a un percorso, aumentare la durata dell’impegno e scrivere in aggiunta per tutte le nuove iniziative “multimediali”?
Chi decide quale sarà e a cosa servirà la redazione del futuro?
Non è la paura del nuovo o la pigrizia verso le nuove tecnologie, di cui spesso io stesso accuso i vecchi giornalisti, manca qualcosa. Continue reading

Windows Live Spaces chiude e passa i suoi utenti a WordPress.com. Inizia una nuova era del blog?

Microsoft ha preso una decisione saggia: fare solo ciò che sa fare bene.
Ha deciso quindi di chiudere i blog di Windows Live Spaces e di passarli a WordPress.com attraverso un accordo.
Agli utenti verrà proposto automaticamente il passaggio (o il salvataggio dei propri contenuti e la chiusura), verrà proposto il collegamento tra il nuovo blog e il proprio Messenger (in modo da inviare aggiornamenti ad ogni nuovo post) e verrà addirittura mantenuto il reindirizzamento automatico dal vecchio blog al nuovo.

È un passaggio importante per Internet perché non solo Microsoft libera 30 milioni di utenti/blogger nell’ecosistema comune ma lo fa verso una piattaforma open, già popolarissima con 26 milioni di blogger.
La piattaforma di Spaces proponeva un blogging poco personalizzabile e molto chiuso sui prodotti Microsoft.
In definitiva Windows Live, pur avendo avuto il merito di introdurre la scrittura su blog a milioni di persone, rendeva i suoi blogger meno consapevoli e poco propensi ad uscire fuori dal sistema, abbassandone la qualità dei contenuti.
Ora questi utenti si troveranno di fronte a un’esperienza d’uso molto diversa, potenzialmente in connessione con nuove reti, con un’orizzonte molto più ampio.
Questa nuova esperienza potrebbe indurre molti ad adeguarsi a contenuti migliori e ad approfondire nuovi temi.

Il blog non solo non è morto ma si avvia ad essere uno dei cardini dell’Internet futura.

i video-messaggi su internet sono uguali alla TV o permettono la replica?

Dopo la febbre del video-messaggio di Fini su Internet i giornalisti tradizionali iniziano a porsi delle domande.
Filippo Ceccarelli su Repubblica si chiede se non sia una comunicazione unilaterale, comoda, priva di interruzioni e di repliche.
Associa il video di Fini a quello di Berlusconi nella stessa giornata e paragona il tutto all’inizio della videocrazia nel 1994.
L’aspetto divertente è che lo fa scrivendo da una pagina web in cui la gente (quelli che erano “i lettori”) può interagire, lasciare commenti e consigliare l’articolo ai propri amici su Facebook (già in 261 lo hanno fatto).
Come si coniuga, invece, questa voglia matta di interruzioni e di domande scomode da parte dei giornalisti tradizionali con le interviste in TV che si trasformano in veri e propri comizi solitari e le conferenze stampa che molto spesso finiscono con gli applausi (ripeto: gli applausi) della stampa presente?

Il video ufficiale di Fini su YouTube (quello pubblicato dalla redazione d Libertiamo.it) a poche ore dalla pubblicazione raccoglie già 480 commenti.
Vi immaginate un giornalista che fa 480 domande o osservazioni a un politico? In Italia non si è mai visto.
In realtà il video è stato ripreso e pubblicato da centinaia di siti, ognuno con i loro commenti, dai TG nazionali, dai siti dei quotidiani stranieri con i commenti nelle relative lingue. Continue reading

i Social Media spesso arrivano anche ai mass-media. Gratis. si può prevedere di guadagnare spazio in TV?

Lucas Cruikshank è un attore di 17 anni che è diventato un cult negli USA.
Ha passato gli ultimi anni ad interpretare il personaggio di un 6-enne un po’ svitato, Fred Figglehorn, su YouTube.
Al suo canale online sono iscritti 2 milioni di persone e i suoi video casalinghi fino ad oggi sono stati visti 600 milioni di volte.
La popolare TV Nickelodeon lo ha scritturato e sabato Lucas debutterà sul piccolo schermo con il suo primo film “Fred” ma già è partito il progetto di una sua serie TV per il 2011 dal titolo “Marvin, Marvin”.

Il web è sempre stato pieno di tentativi di farsi notare per arrivare ai mass-media ma ora con i Social Media sembra che siano esattamente le culture provenienti da Internet ad interessare TV, radio e carta, non le loro imitazioni.
È proprio nella natura di Internet, al contrario per es. della TV, di affiancarsi e collaborare con altri media teoricamente autosufficienti o autoreferenziali.
Questo vuol dire che è sempre possibile avere spazio in TV attraverso i Social Media? No. Ma è plausibile a patto di mantenere originalità e genuinità nella proposta alla propria rete online.
In altre parole via i classici format e le vecchie idee su “ciò che funziona sempre” e spazio alla creatività e al coraggio. Continue reading