senza trasparenza non c‚Äôè democrazia: il contributo di wikileaks

Prendo lo spunto da un mio intervento a Radio Versilia di qualche giorno fa per fare una riflessione più generale su Wikileaks.
È indubbio che il #cablegate sia un attacco al sistema ma la domanda che dovremmo farci non è da chi (e perché) provenga questo attacco ma cosa sia diventato questo sistema oggi.
Concentrarsi su Assange, su chi sia veramente, da dove provenga, chi l’abbia manovrato, è nel migliore dei casi ingenuo complottismo e nel peggiore completamente inutile.
I dispacci della diplomazia USA sono lì, visibili da tutti, e quotidiani importanti (parliamo del New York Times, del Guardian, di El Pais, di Le Monde) ben al corrente del contesto ci hanno costruito sopra storie rilevanti, mettendo in gioco la loro credibilità.
E, cosa più importante, ci avrete fatto caso: su 250.000 nessun cablogramma è stato smentito dal Dipartimento di Stato. Continue reading

quando wikileaks fornisce i numeri al giornalismo: gli avamposti strategici degli USA

Uno dei meriti di Wikileaks è di stimolare la ricerca e la verifica dei fatti attraverso l’elaborazione di una grande mole di dati grezzi.
È il data journalism, che in questi mesi trae beneficio anche dal movimento di pensiero dell’Open Data che sempre più paesi e amministrazioni stanno adottando.
Nel caso del gruppo di Assange i dati resi disponibili sono anche molto preziosi perché tenuti riservati e non ottenibili in nessun altro modo.
Ne risulta che le rivelazioni del #Cablegate non risiedono tanto nel contenuto (spesso al limite del gossip, altre volte no) dei messaggi quanto nelle elaborazioni che si possono ottenere cercando le informazioni più nascoste. Continue reading

che cos’è davvero virale su Internet e perché?

Prendo spunto dalla tendenza di questi giorni su Facebook, quello di cambiare la foto del proprio profilo con quella del proprio cartone animato preferito, di cui si sono occupati persino i quotidiani, per fissare qualche idea sulla comunicazione virale, la vera chimera dei comunicatori e dei marketer su Internet.

Che cos’è un contenuto virale?
È un messaggio in grado di replicarsi quando entra in contatto con qualcuno.
Se vi ricorda il meccanismo del raffreddore o dell’influenza, è questo il motivo per cui si usa il termine virale.
Pur non esistendo il concetto fino alla crescita di Internet negli anni ’90 se guardiamo indietro ci si rende conto che la ricerca della popolarità di un messaggio tramite questo meccanismo faceva già parte dei mass media, della tv tradizionale, soprattutto nella pubblicità: chi non ricorda slogan celebri come “Perlana passaparola.” o “Milano da bere” che riuscivano a insinuarsi a lungo nei discorsi quotidiani della gente?
Non a caso la ricerca della viralità su Internet spesso è il pensiero frequente delle agenzie o dei comunicatori orfani della tv, abituati ad avere a che fare con un mezzo di comunicazione di massa e un’audience.
Ma, come ormai sappiamo, Internet non fa propriamente parte dei mass media, e l’audience è stata sostituita dai mille network.

C’è differenza tra ricerca della popolarità e ¬†l’utilizzo della viralità digitale?
Cercare di sfruttare l’appartenenza del pubblico a uno stesso contesto (Internet) condividendo un’emozione o uno stesso interesse per il contenuto con tutti gli altri non utilizza necessariamente il pieno potenziale della comunicazione virale su Internet.
Assomiglia all’approccio televisivo declinato per la Rete, quello dell’audience, della ripetizione ossessiva (che era indispensabile con un mezzo di comunicazione che richiedeva la presenza sincrona) che si tramuta in onnipresenza digitale.
Ma in questo ogni condivisione è identica, immutabile, e cerca solo di raggiungere più spettatori possibili.
Quando si introducono questi ingredienti si generano a volte dei numeri elevati ma con un piccolo difetto: non sono gli stessi numeri di mass media come la tv, hanno un significato diverso.
Ogni fruizione del contenuto rimane passiva, se non per il commento, la condivisione (vero valore aggiunto su Internet) è solo un’opzione.
Se un video è stato visto 100 mila volte, abbiamo raggiunto (meno di) 100 mila spettatori e solo una percentuale di questi l’avrà condiviso.
Per esempio il video della Nike di Ronaldinho che si diverte a cogliere la traversa: coinvolge chi ha la passione per il calcio, desta stupore, emozione (anche se si tratta di un falso costruito a tavolino) ed è stato visto tantissime volte.

Ma che differenza c’è con uno spot TV altrettanto bello che poi viene inserito in Rete? Nessuna. Continue reading

Twitter è un news network: i brand diventano produttori di contenuti veri

In quanti e quali modi può essere usato Twitter per comunicare?
Non ci sono limiti, al di là del vincolo dei 140 caratteri per ogni messaggio (o tweet), ma questo non significa che non si sia affermato un modo prevalente di usarlo, che ne sta determinando successo e diffusione nel mondo.
Twitter non è come Facebook (o come altri social network), non ha quei numeri, non implica quei comportamenti.
Questo perché Twitter non è un social network.
Viene definito una piattaforma di microblogging ma credo che questo non descriva a sufficienza le sue reali caratteristiche e potenzialità.

Twitter in realtà è un news network, una piattaforma basata sulle notizie, anche se non necessariamente in senso classico come quelle fornite dalla CNN.
Nell’era digitale l’ecosistema dell’informazione sta cambiando profondamente e tutti siamo produttori di notizie.
Ovviamente non sempre notizie determinanti per l’umanità ma spesso interessanti per gruppi più o meno estesi di persone.
Siamo nel momento di passaggio tra l’era dell’audience e quella digitale in cui si impone il modello della rete: dal villaggio globale ai mille villaggi, alle numerose tribù, fino ai singoli membri.
Così mentre Facebook si concentra sull’identità, sulle relazioni e connessioni, Twitter è basato sui contenuti. Continue reading

l’iPadizzazione del personal computer, il passaggio storico di Apple

Steve Jobs ha annunciato ieri, nell’evento Back to Mac, quello che sembrava inevitabile: i personal computer Apple del futuro assomiglieranno molto all’iPad.
Accensione istantanea, tempi di risposta brevissimi, basta con i vecchi lettori cd-dvd e hard disk delicati, rumorosi, bollenti, basta sistemi operativi incomprensibili, complessi, basta con costose CPU che poi vengono sfruttate pochissimo, basta con strane procedure di installazione, disinstallazione, manutenzione del software, basta con tutta la roba da “tecnici”.
Suona davvero promettente, soprattutto per un mercato come l’Italia in cui la cultura digitale è ancora molto indietro.
Dal punto di vista del business grazie al nuovo App Store per Mac nascerà un vero marketplace in cui è possibile monetizzare, anche dal basso, molte idee che prima rimanevano sulle nuvole.
Dal punto di vista degli utenti sarà possibile acquistare piccoli software utili invece di dover investire soldi per grandi “suite” ¬†che poi vengono usate poco o nulla: la strada verso i micropagamenti si apre sempre più. Continue reading

un check-in su Foursquare per la causa del wi-fi libero in Italia

Il decreto Pisanu è una legge del 2005 che rende estremamente farraginoso per un locale pubblico in Italia offrire ai cittadini una connessione wi-fi, senza fili, a Internet: dalla licenza rilasciata dal questore, alla copia cartacea di ogni documento di identità, alla conservazione di tutti i dati di navigazione per 6 mesi (da parte dell’esercente, non del fornitore del servizio!) e così via.
La motivazione è per contrastare il terrorismo anche se non esiste nessun dato fino ad oggi dell’efficacia di questa misura, né appare tra le azioni di prevenzione usate negli altri paesi stranieri.
Al contrario nel resto d’Europa il numero di zone ad accesso wi-fi offerte alla popolazione¬†è cinque volte superiore all’Italia, dove ancora spadroneggiano le connessioni a “banda larga” (se possiamo definirle così) col doppino in rame e quelle 3G delle potenti telco.
Il decreto deve essere rinnovato alla fine di ogni anno e periodicamente si discute (in realtà si dicono sempre tutti contrari) se rinnovare o meno questa legge che sta penalizzando lo sviluppo di Internet in Italia, si fanno dibattiti, si aprono petizioni nella speranza di divulgare il più possibile la consapevolezza di questa situazione.

Ho pensato a un modo creativo di diffondere questo tema usando Foursquare, la nota piattaforma di geolocalizzazione che sta iniziando a prendere piede anche in Italia. Continue reading