Author Archives: ezekiel

il deserto del mainstream


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Se una tv americana dicesse che a Bolzano esiste un pericolo di sbarco clandestini voi che pensereste?
Ecco, è più o meno quello che hanno detto i mainstream italiani riguardo al rapimento dei turisti nel deserto egiziano, che per fortuna si è risolto positivamente.
Quando arrivò la notizia e si parlava di Assuan (nei pressi della famosa diga) rimasi interdetto: come fanno dei predoni ad arrivare in uno dei luoghi turistici più presidiati che si conosca?
Esercito, posti di blocco, metal detector.
E infatti c’era un errore gigantesco, i turisti sono stati rapiti in un angolo (letteralmente) di deserto egiziano al confine tra il Sudan e la Libia, uno dei posti più inospitali del pianeta (seppure bellissimo), un’area che si avvicina molto a una terra di nessuno, percorsa dalle carovane di clandestini diretti sulle coste libiche – e poi in Italia – e naturalmente anche da predoni.
Un’area inaccessibile se non dietro specifici permessi delle autorità egiziane (e se ne capisce anche il motivo).
Ma i media nostrani, imperterriti, hanno continuato a mostrare immagini di posti come Luxor, Assuan, addirittura il Mar Rosso! che invece distano un migliaio di km e si trovano in una situazione totalmente diversa, proprio come tra Lampedusa e Bolzano.
E giù il riepilogo di tutti gli attentati ai turisti avvenuti in Egitto (che non c’entra nulla coi predoni del deserto, a giudicare da cosa è avvenuto) da quello tragico del ’96 a quelli più recenti.
Poi, ciliegina sulla torta, tanto per fare un altro po’ di confusione l’aggiunta dell’avvertimento da parte delle autorità israeliane di non recarsi nel Sinai durante le festività ebraiche (!).
Il Sinai si trova in un’altra zona ancora, anch’essa molto molto distante!! con condizioni di sicurezza, neanche a dirlo, diverse dalle altre due.
Insomma un bel pasticcio geografico che alla fine ha come risultato quello di confondere e terrorizzare un altro po’ gli italiani che vogliono andare all’estero.
E che forse farà pensare a molti che è più sicuro spendere i soldini per le vacanze nella rassicurante e decadente Italia.
Buona Pensione Miramare a tutti!

Blogfest, le blogosfere che girano


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Prendo spunto dalla¬†Blogfest, a cui tra¬†l’altro¬†non potrei muovere nel merito critiche o complimenti, ¬†perché non ci sono stato – a causa di un piacevole impegno.

Le reazioni che leggo in giro fanno riflettere sul mondo italiano che gira intorno ai blog (mondo blog, blogosfera, blogopalla, chiamatelo come volete).
Premetto che probabilmente non ci sarei andato lo stesso, nonostante l’evento contenesse dei barcamp come l’ADVcamp che a giudicare dai video e dalle situazioni interessanti che si sono create sarebbe valso il viaggio a Riva del Garda.
Ovviamente non è scontato che un blogger partecipi alla Blogfest come un agente immobiliare alla convention aziendale, ci vogliono degli¬†stimoli.
E non intendo stimoli di semplice convivialità (quelli possiamo soddisfarli ogni settimana se vogliamo con mille -beer, -camp, -aperitivo, -cena) ma qualcosa di più.
Devo dire che in questo caso gli stimoli per fare un viaggio del genere, in un luogo dove non c’è nemmeno una stazione ferroviaria, dovendo per forza prendere un albergo, il tutto appena tornato dalle vacanze (perché si è svolto dal 12 settembre) no, non erano abbastanza.
Se mi avessero pagato tutto e risolto autonomamente i problemi organizzativi forse sarebbe stato diverso, ma se fosse accaduto che social network saremmo? Assomiglieremmo ad altri media mainstream da cui prendiamo le distanze quotidianamente…
Sbaglia però chi critica¬†comunque¬†l’organizzazione per questi motivi: in fondo ognuno è libero di fare l’evento che vuole, dove vuole, con chi vuole (soprattutto se è con i propri soldi).
E dopotutto criticare dopo avere anche abbondantemente partecipato, è lecito – per carità – però suona un po’ come andare a un raduno celebrativo e poi lamentarsi che è, appunto, celebrativo.

Però riesco a riconoscere che dietro alcune critiche c’è una radice che ha delle motivazioni antiche, che sono ancora evidentemente irrisolte.
Si parla da anni, anzi fin dagli albori, di divisione tra chi usa il blog per “fare soldi” e chi come strumento di crescita personale, tra chi ne fa uno strumento di autopromozione attiva e chi uno strumento di libera circolazione delle idee, tra chi segue la strada dell’autoreferenzialità e chi sceglie di aprirsi a tutti; persino tra gli aperitivisti modaioli di Milano e i birristi popolari di Roma!

In tutto questo si considera sempre la blogosfera alla fine come un’unica entità (come fosse la proiezione dell’idea di Italia stessa) composta di elementi di maggiore o minore successo, di segmenti di mercato (gruppi, giri, siti, eventi),¬†e il blog come unico oggetto d’attenzione.

Ecco, questa visione non corrisponde alla realtà, ed è questo stridore che probabilmente provoca i frequenti maldipancia.
Il blog è sempre stato, ed è, semplicemente un mezzo (e dopo quasi dieci anni dalla sua nascita ormai non ha più molto senso che se ne parli ancora così tanto): non esistono i blog esistono le persone, che comunicano.
Ma soprattutto questa unica nazione virtuale che accomunerebbe tutti quelli che scrivono su uno strumento chiamato blog¬†è pura astrazione.
Non esiste una blogosfera di riferimento ma mille blogosfere ben formate ognuna con il suo centro e la sua periferia, con i suoi profeti e i suoi giullari, le proprie usanze e la propria storia che a volte si intersecano o si incontrano e a volte no, a volte l’una non immagina neanche l’esistenza dell’altra.
Oggi è più facile rendersene conto perché ce l’ha già raccontato Chris Anderson: come creatori di contenuti siamo tutti elementi della coda lunga e quindi nessuno di noi (né alcun raggruppamento) può pensare realisticamente di essere “il tutto”.
Ognuno usa il proprio linguaggio e si unisce fatalmente con chi parla idiomi simili.
Così è normale per es. che chi già lavora nella comunicazione mainstream attiri sul proprio blog colleghi, futuri esordienti e amici del proprio giro e si relazioni come sa fare, per es. organizzando eventi con ospiti “prestigiosi” e inviti speciali.
Come è normale che critici letterari, scrittori e – per dire – copywriter con un libro chiuso a chiave nel cassetto finiscano insieme (e magari pubblichino qualcosa insieme).
E così via.

Nessuno di loro di noi può davvero rappresentare un’anomalia, un disturbo rispetto al “movimento” complessivo.
L’unica che può esserlo davvero è la testa¬†(nel senso di opposto della coda),¬†cioè la comunicazione mainstream stessa.
L’immagine di “villaggio globale” che quotidianamente induce in tutti noi porta proprio a quella conseguente¬†visione univoca¬†per ogni altro tipo di comunicazione e media che crea tanti problemi.
Per cui i blog citati sui quotidiani, quelli intervistati in tv, quelli che finiscono sulle agenzie o i settimanali sembrano di per sè acquisire valore e autorevolezza come un nuovo “c’è scritto sul giornale” del XXI secolo.

Quello che nuoce veramente ai blog è proprio questo, comunicarsi all’esterno come un assoluto pur essendo inevitabilmente un relativo.
Ecco, non credo sia corretto nei confronti di tutti quelli che credono in questo mezzo, che gli dedicano tempo e energie (anche quando sono scarse) e che di fatto¬†sono¬†quotidianamente social network (spesso da anni), porsi all’esterno o lasciarsi comunicare come per esempio in questo ultimo evento (ma se ne potrebbero citare tantissimi altri in precedenza)¬†La Prima Convention del Web (peccato non ci fosse¬†Luca Luciani) Il Festival Nazionale dei Blogger¬†¬†oppure Il Primo Raduno dei Blogger Italiani, la Blogosfera incontra XY e così via.
Ci sono così tanti gruppi che organizzano raduni ognuno secondo la propria sensibilità, possibilità o voglia che trovo personalmente meravigliosi o geniali, come il KaraCamp (dispiace averlo mancato) fino alle singole uscite o birre in qualsiasi città (non solo Milano) che non necessariamente si trasformano in lanci di agenzia o articoli su settimanali senza per questo avere minore valore nella Rete, anzi.
Quanto costerebbe un po’ più di umiltà relativa, un po’ di attenzione verso tutte le blogosfere e non solo la nostra?
Non è forse questa consapevolezza l’essenza dei social media di cui parliamo sempre?

mamma mi si è ristretta la compagnia di bandiera

Messaggio per tutti quelli che negli ultimi mesi si indignano di volta in volta per quanto ci costa al giorno Alitalia, quanto ci è costata fino ad oggi, quanto ci costerà il fallimento, di quanto ci costerà la cassa integrazione dei dipendenti che fino ad oggi sono stati privilegiati (?) e considerazioni varie.
I casi sono due: o siete in malafede o vi si siete svegliati da una ibernazione durata una ventina d’anni.
E’ da un bel po’ che Alitalia viene usata come scarico di (super)manager superpagati che non sanno neanche come far competere una compagnia aerea in un mercato in forte evoluzione.
E scarico di qualsiasi altra stupidaggine e favore politico.
D’altronde in Italia gli enti o le public company servono a questo, mica a fornire un servizio migliore ai cittadini/consumatori.
E dove eravate voi quando Alitalia è stata addirittura “usata” per far decollare l’aereoporto di Malpensa (soprannominato all’epoca “la cattedrale nel deserto”) accumulando milioni di euro di costi solo per spostare i dipendenti da Roma a Milano ogni mattina?
Purtroppo il destino di questo tipo di organizzazione pubblica in Italia è il declino e la svendita ai privati, costi sulla collettività e aumento delle tariffe; è successo sempre.
Per questo le condizioni di acquisto di AirFrance-KLM erano ottime data la situazione.
Ve ne ricordate o eravate ancora ibernati?
Era stata fatta – incredibile! – una gara (anzi due) vinta dai francesi, un motivo ci sarà stato.
E vi eravate già svegliati quando i sindacati e altri poteri economici e politici hanno fatto saltare tutto?
Ognuno aveva (e ha) il suo tornaconto in questa vicenda, perché Alitalia è una carcassa da sbranare che non si può lasciare ad altre iene.
Ma per favore risparmiateci le espressioni di sdegno e incredulità; e stavolta cercate di rimanere con gli occhi aperti 🙂

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Vista boys

Uno degli effetti collaterali pi?ɬ? interessanti di quando stacchi per qualche periodo dal mondoblog (attivit?ɬ† in cui sono maestro indiscusso) ?ɬ® che tornando ti poni candide domande, che nel flusso quotidiano forse avresti perso.
Ecco, ma i Vista boys?
Intendo quella pletora di comunicatori blogger accorsi su invito RSVP della Microsoft a rimirare il miracolo, per cui molti raccontavano ogni bene di quello che si ?ɬ® rivelato, per stessa ammissione dei dirigenti di Redmond, un fallimento al punto da dover annunciare immediatamente il suo successore Windows 7.
Eppure non era cos?ɬ¨ difficile capirlo, bastava avere aperto un sistema operativo concorrente contemporaneo o semplicemente chiedere a un (amico) esperto, come avrebbe fatto un giornalista qualunque (oddio giornalisti migliori dei blogger, che mi tocca scrivere).
Non mi fate aprire gli ultimi 32.000 feed non letti, qualcuno mi dica: ci sono state rettifiche? pentimenti serali pre-sonno?
Mi ricordo che si parlava tanto di qualit?ɬ† e autorevolezza, a che serve la seconda senza la prima? non ?ɬ® necessario il blog per vedere questo scollamento, basterebbe accendere la tv.
E poi quando i mercati ridono di te la cosa dovrebbe far riflettere di pi?ɬ? (ma Cluetrain Manifesto non era un caposaldo?).

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la coda lunga con le gambe corte

La Coda Lunga sembra essere diventata ormai il modello di business (e non solo) imprescindibile di questa fase del web definita “2.0“.
Ed ?ɬ® in effetti una spiegazione qualitativamente buona di ci?ɬ? che accade (o meglio di ci?ɬ? che ?ɬ® appena accaduto, l’articolo di Chris Anderson ?ɬ® del 2004) guadagnandosi una pletora di entusiasti e divulgatori proprio tra chi occupa posizioni di rilievo in classifica nella rispettiva attivit?ɬ† online, come per es. il blog e la relativa visibilit?ɬ†.
Il fatto che i blog, le realt?ɬ† professionali, i beni di consumo ecc. a pi?ɬ? bassa frequenza (di nicchia si potrebbe dire) possano complessivamente superare in importanza quelli a maggior visibilit?ɬ† e diffusione ?ɬ® un risultato importante e con implicazioni positive in ogni campo.
Ma che succede se quei sacerdoti del web 2.0 decidono di aggregarsi e formare un gruppo compatto?
E’ una cosa che accade raramente negli altri paesi, per ragioni fondate, ma che nell’Italia dei cartelli economici ?ɬ® molto diffusa.
Quando un pezzo intero di coda lunga organicamente si stacca, tenta di acquistare forza e imporsi al mercato il modello non pu?ɬ? che andare in crisi.
E ci va, paradossalmente, cantando in allegria l’inno del miracoloso web 2.0 .
Allora la domanda sorge spontanea: servono forse delle regole interne per tutelare lo sviluppo libero e sostenibile del web? analogamente a quelle che adesso chiediamo per limitare il potere assoluto di Google? o a quelle che vorremmo per garantire la net neutrality?
Che servizio si rende alle aziende, ai clienti, agli operatori della comunicazione, alla Rete stessa proponendo una impostazione che sovverte il modello stesso su cui si basa?
O forse sarebbe meglio sviluppare una sorta di deontologia professionale, o semplicemente applicare l’etica intrinseca nella Rete fin dai suoi inizi?

Sembrano le stesse domande che si facevano nell’era del web 1.0, funestato da corsari e venditori di fumo, le cui risposte furono repentinamente evidenti con lo “sboom” del 2001.
Forse non si ?ɬ® imparato nulla.
O forse c’?ɬ® davvero qualcosa di patologico nel web italiano.

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Franco Carlini

Ok sono in colpevole ritardo ma non vorrei lasciar correre la morte di Franco Carlini.
Mi ha rattristato e anche fatto sentire un po’ pi?ɬ? vecchio.
Perch?ɬ® adesso tocca a noi raccogliere la sua eredit?ɬ† critica sulla Rete italiana e non disperderla.
Sia chiaro, io molto spesso non ero d’accordo con lui.
O meglio non sempre riuscivo ad essere d’accordo fino in fondo con le sue visioni.
Probabilmente perch?ɬ® da un pioniere come lui, profondo conoscitore, ti aspetti sempre il massimo, nulla di meno.
Faceva parte dell’epoca eroica della Rete italiana, era diventato un punto di riferimento interno ed esterno ma non ne abusava, non cavalcava le onde, manteneva un punto di vista sempre indipendente.
Negli anni in cui molti giornalisti descrivevano superficialmente Intenet come un “covo di maniaci” (evidentemente solo perch?ɬ® il proprio Editore non era ancora sbarcato sulla Rete) lui non solo ne parlava e studiava ma faceva i fatti, una dote che apprezzo enormemente nelle persone e nel mio lavoro.
Ecco, ci lascia il suo modo di vivere e fare la Rete, sempre critico e mai autocompiaciuto e l’utopia che tutti questi bit messi nella sequenza giusta possano migliorare le nostre vite.
Ciao Franco.

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l’effetto jonathan livingstone

Enrico Letta guarda un gabbiano su un portatile.
Enrico Letta commenta video interviste di cittadini in una stanza in cui sente un’eco simile a quella in piazza san pietro.
Enrico letta spia i passeggeri di un traghetto.

Deve essere stato indubbiamente questo il soggetto del video di lancio della candidatura di Enrico Letta alla guida del Partito Democratico.
I politici hanno scoperto le nuove tecnologie e un nuovo modo di dialogare con gli elettori.
Bene, anzi benissimo.
Di Pietro in penombra e con i colori saturati ci ha raccontato come funziona un consiglio dei ministri.
Grande Tonino.
Poi addirittura si spinge a fare una conferenza stampa su Second Life – con un mitico avatar a immagine di Di Pietro, pagherei qualsiasi cifra in Linden Dollar per averlo – in un mondo virtuale in cui non si pu?ɬ? stare collegati in pi?ɬ? di 100 alla volta nello stesso posto.
E tutti gli altri ci danno dentro con blog e siti ufficiali che in realt?ɬ† risultano scollegati dalla blogosfera.

Ecco, ma ora che i politici hanno scoperto questi nuovi mirabolanti mezzi tecnologici non sarebbe anche ora di pensare ai contenuti?
No, non ?ɬ® il messaggio politico il vero contenuto – quello se lo possono leggere tutti nei soliti comunicati stampa, sui giornali, tv ecc. – ma tutto ci?ɬ? che ?ɬ® intorno e che sostiene le parole del candidato, dando persino qualcosa in pi?ɬ?.
I consulenti della comunicazione di Letta cosa pensavano di trasmettere mostrandoci una “interminabile” sequenza in cui il candidato si vede di spalle mentre osserva su un portatile il volo di un gabbiano?
A dire la verit?ɬ† a me non ha comunicato granch?ɬ® se non un lieve senso di imbarazzo, e scommetto che se ci fosse stato qualcuno dietro di me a osservarmi di spalle mentre guardavo su un portatile enrico letta di spalle che guardava su un portatile un gabbiano si sarebbe messo a sghignazzare.
Ma scommetto che non sono il solo.
Al contrario l’immagine di un politico che osserva e commenta la gente comune dietro una “macchina” e uno schermo, come se si trovasse in una inaccessibile (ed eterea, grazie all’eco) stanza dei bottoni restituisce in pieno il distacco della politica dai cittadini che scommetto non ?ɬ® in alcun modo nelle intenzioni di Letta.
Ma che invece come percezione supera anche le sue parole.
E’ un classico elemento base della comunicazione, l’ineliminabile ambiguit?ɬ† che pu?ɬ? essere solo arruolata a nostro favore ma mai uccisa.
Concetti base per un comunicatore moderno, a maggior ragione esperto di new media.
Dialogare attraverso nuove modalit?ɬ† ?ɬ® un progresso prezioso ma non basta usare uno strumento bisogna anche saper capire cosa si fa.

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quod erat demonstrandum

Non mi sorprende poi cos?ɬ¨ tanto che Mario Adinolfi, professione blogger a quanto pare, dopo un giro di walzer ne iMille – il movimento radical geek a sostegno del PD – si candidi alla guida dei Democratici contro Veltroni.
Quantomeno non dovrebbe sorprendere chi osserva il fenomeno blog analiticamente da abbastanza tempo.
Io invece direi che finalmente si fa del sano outing.
Perch?ɬ® se non ci avete mai fatto caso il meccanismo del blog in italia ?ɬ® sempre stato tutt’altro che innovativo dal punto di vista relazionale e dopo aver assimilato tutti i pi?ɬ? stratificati modelli “old” – dalla televisione spazzatura, al marketing multilivello – era inevitabile che mostrasse quello ultimo e definitivo, il modello fossilizzato che da noi oggi move il sol e le altre stelle: quello politico.
Non ?ɬ® un caso che tra i blogger che riescono a farsi notare di pi?ɬ? in Italia ci siano persone che sono state vicino alla politica o alla comunicazione.
Tutti quei discorsi in Italia sullo scambio, le relazioni, le reti sociali, l’economia del dono non sono altro, ora ?ɬ® pi?ɬ? evidente, meccanismi politici; della nostra cara politica italiana.
Stesso discorso per gli effetti collaterali come l’autoreferenzialit?ɬ† e l’autopromozione a ogni costo.
Non c’?ɬ® – n?ɬ® ci sar?ɬ† – nulla di una Nuova Politica da questo versante se non nuovi veloci strumenti destinati a essere sempre pi?ɬ? inflazionati ma privi di contenuti.
Sotto l’iPod, niente.

E si stanno accorgendo di questo anche i pi?ɬ? duri e puri del fenomeno blog che dopo libri su libri, eventi di richiamo, programmi tv, trasmissioni radiofoniche, editoriali, consulenze aziendali e business di ogni sorta devono ammettere a malincuore che non esiste la categoria spirituale dei blogger, non ?ɬ® riuscita a formarsi in Italia, non c’?ɬ® mai stato alcun modello che sia riuscito a incidere eticamente e socialmente; al contrario ?ɬ® stato importato fin da subito ogni sorta di vecchiume.
Cos?ɬ¨ ?ɬ® evidente che da noi non ha senso un candidato dei blogger ma allo stesso modo non si pu?ɬ? pensare di vendere un prodotto ai blogger (siano libri, dischi o quant’altro).
La teoria della coda lunga in Italia si infrange sulle mille caste e finisce in un triste individualismo.

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si potrebbe andare tutti allo zoo comunale

Buon ultimo mi scappa una riflessione sulla blogger-polemica mensile (con tanto di colpo di scena finale) riguardante il CISCO Aperitivo organizzato da Lele Dainesi per l’ad Stefano Venturi con i “100 blogger italiani pi?ɬ? influenti” con ritocco finale ad altri 30 blogger che passavano di l?ɬ¨. Continue reading

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