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Blogfest, le blogosfere che girano


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Prendo spunto dalla¬†Blogfest, a cui tra¬†l’altro¬†non potrei muovere nel merito critiche o complimenti, ¬†perché non ci sono stato – a causa di un piacevole impegno.

Le reazioni che leggo in giro fanno riflettere sul mondo italiano che gira intorno ai blog (mondo blog, blogosfera, blogopalla, chiamatelo come volete).
Premetto che probabilmente non ci sarei andato lo stesso, nonostante l’evento contenesse dei barcamp come l’ADVcamp che a giudicare dai video e dalle situazioni interessanti che si sono create sarebbe valso il viaggio a Riva del Garda.
Ovviamente non è scontato che un blogger partecipi alla Blogfest come un agente immobiliare alla convention aziendale, ci vogliono degli¬†stimoli.
E non intendo stimoli di semplice convivialità (quelli possiamo soddisfarli ogni settimana se vogliamo con mille -beer, -camp, -aperitivo, -cena) ma qualcosa di più.
Devo dire che in questo caso gli stimoli per fare un viaggio del genere, in un luogo dove non c’è nemmeno una stazione ferroviaria, dovendo per forza prendere un albergo, il tutto appena tornato dalle vacanze (perché si è svolto dal 12 settembre) no, non erano abbastanza.
Se mi avessero pagato tutto e risolto autonomamente i problemi organizzativi forse sarebbe stato diverso, ma se fosse accaduto che social network saremmo? Assomiglieremmo ad altri media mainstream da cui prendiamo le distanze quotidianamente…
Sbaglia però chi critica¬†comunque¬†l’organizzazione per questi motivi: in fondo ognuno è libero di fare l’evento che vuole, dove vuole, con chi vuole (soprattutto se è con i propri soldi).
E dopotutto criticare dopo avere anche abbondantemente partecipato, è lecito – per carità – però suona un po’ come andare a un raduno celebrativo e poi lamentarsi che è, appunto, celebrativo.

Però riesco a riconoscere che dietro alcune critiche c’è una radice che ha delle motivazioni antiche, che sono ancora evidentemente irrisolte.
Si parla da anni, anzi fin dagli albori, di divisione tra chi usa il blog per “fare soldi” e chi come strumento di crescita personale, tra chi ne fa uno strumento di autopromozione attiva e chi uno strumento di libera circolazione delle idee, tra chi segue la strada dell’autoreferenzialità e chi sceglie di aprirsi a tutti; persino tra gli aperitivisti modaioli di Milano e i birristi popolari di Roma!

In tutto questo si considera sempre la blogosfera alla fine come un’unica entità (come fosse la proiezione dell’idea di Italia stessa) composta di elementi di maggiore o minore successo, di segmenti di mercato (gruppi, giri, siti, eventi),¬†e il blog come unico oggetto d’attenzione.

Ecco, questa visione non corrisponde alla realtà, ed è questo stridore che probabilmente provoca i frequenti maldipancia.
Il blog è sempre stato, ed è, semplicemente un mezzo (e dopo quasi dieci anni dalla sua nascita ormai non ha più molto senso che se ne parli ancora così tanto): non esistono i blog esistono le persone, che comunicano.
Ma soprattutto questa unica nazione virtuale che accomunerebbe tutti quelli che scrivono su uno strumento chiamato blog¬†è pura astrazione.
Non esiste una blogosfera di riferimento ma mille blogosfere ben formate ognuna con il suo centro e la sua periferia, con i suoi profeti e i suoi giullari, le proprie usanze e la propria storia che a volte si intersecano o si incontrano e a volte no, a volte l’una non immagina neanche l’esistenza dell’altra.
Oggi è più facile rendersene conto perché ce l’ha già raccontato Chris Anderson: come creatori di contenuti siamo tutti elementi della coda lunga e quindi nessuno di noi (né alcun raggruppamento) può pensare realisticamente di essere “il tutto”.
Ognuno usa il proprio linguaggio e si unisce fatalmente con chi parla idiomi simili.
Così è normale per es. che chi già lavora nella comunicazione mainstream attiri sul proprio blog colleghi, futuri esordienti e amici del proprio giro e si relazioni come sa fare, per es. organizzando eventi con ospiti “prestigiosi” e inviti speciali.
Come è normale che critici letterari, scrittori e – per dire – copywriter con un libro chiuso a chiave nel cassetto finiscano insieme (e magari pubblichino qualcosa insieme).
E così via.

Nessuno di loro di noi può davvero rappresentare un’anomalia, un disturbo rispetto al “movimento” complessivo.
L’unica che può esserlo davvero è la testa¬†(nel senso di opposto della coda),¬†cioè la comunicazione mainstream stessa.
L’immagine di “villaggio globale” che quotidianamente induce in tutti noi porta proprio a quella conseguente¬†visione univoca¬†per ogni altro tipo di comunicazione e media che crea tanti problemi.
Per cui i blog citati sui quotidiani, quelli intervistati in tv, quelli che finiscono sulle agenzie o i settimanali sembrano di per sè acquisire valore e autorevolezza come un nuovo “c’è scritto sul giornale” del XXI secolo.

Quello che nuoce veramente ai blog è proprio questo, comunicarsi all’esterno come un assoluto pur essendo inevitabilmente un relativo.
Ecco, non credo sia corretto nei confronti di tutti quelli che credono in questo mezzo, che gli dedicano tempo e energie (anche quando sono scarse) e che di fatto¬†sono¬†quotidianamente social network (spesso da anni), porsi all’esterno o lasciarsi comunicare come per esempio in questo ultimo evento (ma se ne potrebbero citare tantissimi altri in precedenza)¬†La Prima Convention del Web (peccato non ci fosse¬†Luca Luciani) Il Festival Nazionale dei Blogger¬†¬†oppure Il Primo Raduno dei Blogger Italiani, la Blogosfera incontra XY e così via.
Ci sono così tanti gruppi che organizzano raduni ognuno secondo la propria sensibilità, possibilità o voglia che trovo personalmente meravigliosi o geniali, come il KaraCamp (dispiace averlo mancato) fino alle singole uscite o birre in qualsiasi città (non solo Milano) che non necessariamente si trasformano in lanci di agenzia o articoli su settimanali senza per questo avere minore valore nella Rete, anzi.
Quanto costerebbe un po’ più di umiltà relativa, un po’ di attenzione verso tutte le blogosfere e non solo la nostra?
Non è forse questa consapevolezza l’essenza dei social media di cui parliamo sempre?

il suicidio del made in italy

Il tanto discusso declino economico dell’Italia non sembra stia invertendo la rotta, nonostante qualche “buon intertempo” ogni tanto o qualche dato che saltuariamente torna su.
I nostri concorrenti globali, nonostante la crisi, hanno un altro passo e la cosa sorprende perch?ɬ® nessun altro paese al mondo ha le potenzialit?ɬ† dell’Italia di resistere alla recessione con la sua qualit?ɬ† e unicit?ɬ†, il made in italy.
Per esempio ?ɬ® proprio nei periodi di crisi in cui i beni di lusso e superlusso (in cui noi italiani siamo maestri) trovano nuova spinta (come ?ɬ® accaduto nella prima met?ɬ† degli anni 2000) e in questo l’euro forte e il caro petrolio – uguali per tutti – non risultano un ostacolo determinante, anzi.
Quello che sta accadendo invece ?ɬ® che stiamo uccidendo noi stessi il made in italy con l’indifferenza, soffocando la qualit?ɬ†. Continue reading

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Vista boys

Uno degli effetti collaterali pi?ɬ? interessanti di quando stacchi per qualche periodo dal mondoblog (attivit?ɬ† in cui sono maestro indiscusso) ?ɬ® che tornando ti poni candide domande, che nel flusso quotidiano forse avresti perso.
Ecco, ma i Vista boys?
Intendo quella pletora di comunicatori blogger accorsi su invito RSVP della Microsoft a rimirare il miracolo, per cui molti raccontavano ogni bene di quello che si ?ɬ® rivelato, per stessa ammissione dei dirigenti di Redmond, un fallimento al punto da dover annunciare immediatamente il suo successore Windows 7.
Eppure non era cos?ɬ¨ difficile capirlo, bastava avere aperto un sistema operativo concorrente contemporaneo o semplicemente chiedere a un (amico) esperto, come avrebbe fatto un giornalista qualunque (oddio giornalisti migliori dei blogger, che mi tocca scrivere).
Non mi fate aprire gli ultimi 32.000 feed non letti, qualcuno mi dica: ci sono state rettifiche? pentimenti serali pre-sonno?
Mi ricordo che si parlava tanto di qualit?ɬ† e autorevolezza, a che serve la seconda senza la prima? non ?ɬ® necessario il blog per vedere questo scollamento, basterebbe accendere la tv.
E poi quando i mercati ridono di te la cosa dovrebbe far riflettere di pi?ɬ? (ma Cluetrain Manifesto non era un caposaldo?).

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l’effetto jonathan livingstone

Enrico Letta guarda un gabbiano su un portatile.
Enrico Letta commenta video interviste di cittadini in una stanza in cui sente un’eco simile a quella in piazza san pietro.
Enrico letta spia i passeggeri di un traghetto.

Deve essere stato indubbiamente questo il soggetto del video di lancio della candidatura di Enrico Letta alla guida del Partito Democratico.
I politici hanno scoperto le nuove tecnologie e un nuovo modo di dialogare con gli elettori.
Bene, anzi benissimo.
Di Pietro in penombra e con i colori saturati ci ha raccontato come funziona un consiglio dei ministri.
Grande Tonino.
Poi addirittura si spinge a fare una conferenza stampa su Second Life – con un mitico avatar a immagine di Di Pietro, pagherei qualsiasi cifra in Linden Dollar per averlo – in un mondo virtuale in cui non si pu?ɬ? stare collegati in pi?ɬ? di 100 alla volta nello stesso posto.
E tutti gli altri ci danno dentro con blog e siti ufficiali che in realt?ɬ† risultano scollegati dalla blogosfera.

Ecco, ma ora che i politici hanno scoperto questi nuovi mirabolanti mezzi tecnologici non sarebbe anche ora di pensare ai contenuti?
No, non ?ɬ® il messaggio politico il vero contenuto – quello se lo possono leggere tutti nei soliti comunicati stampa, sui giornali, tv ecc. – ma tutto ci?ɬ? che ?ɬ® intorno e che sostiene le parole del candidato, dando persino qualcosa in pi?ɬ?.
I consulenti della comunicazione di Letta cosa pensavano di trasmettere mostrandoci una “interminabile” sequenza in cui il candidato si vede di spalle mentre osserva su un portatile il volo di un gabbiano?
A dire la verit?ɬ† a me non ha comunicato granch?ɬ® se non un lieve senso di imbarazzo, e scommetto che se ci fosse stato qualcuno dietro di me a osservarmi di spalle mentre guardavo su un portatile enrico letta di spalle che guardava su un portatile un gabbiano si sarebbe messo a sghignazzare.
Ma scommetto che non sono il solo.
Al contrario l’immagine di un politico che osserva e commenta la gente comune dietro una “macchina” e uno schermo, come se si trovasse in una inaccessibile (ed eterea, grazie all’eco) stanza dei bottoni restituisce in pieno il distacco della politica dai cittadini che scommetto non ?ɬ® in alcun modo nelle intenzioni di Letta.
Ma che invece come percezione supera anche le sue parole.
E’ un classico elemento base della comunicazione, l’ineliminabile ambiguit?ɬ† che pu?ɬ? essere solo arruolata a nostro favore ma mai uccisa.
Concetti base per un comunicatore moderno, a maggior ragione esperto di new media.
Dialogare attraverso nuove modalit?ɬ† ?ɬ® un progresso prezioso ma non basta usare uno strumento bisogna anche saper capire cosa si fa.

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quod erat demonstrandum

Non mi sorprende poi cos?ɬ¨ tanto che Mario Adinolfi, professione blogger a quanto pare, dopo un giro di walzer ne iMille – il movimento radical geek a sostegno del PD – si candidi alla guida dei Democratici contro Veltroni.
Quantomeno non dovrebbe sorprendere chi osserva il fenomeno blog analiticamente da abbastanza tempo.
Io invece direi che finalmente si fa del sano outing.
Perch?ɬ® se non ci avete mai fatto caso il meccanismo del blog in italia ?ɬ® sempre stato tutt’altro che innovativo dal punto di vista relazionale e dopo aver assimilato tutti i pi?ɬ? stratificati modelli “old” – dalla televisione spazzatura, al marketing multilivello – era inevitabile che mostrasse quello ultimo e definitivo, il modello fossilizzato che da noi oggi move il sol e le altre stelle: quello politico.
Non ?ɬ® un caso che tra i blogger che riescono a farsi notare di pi?ɬ? in Italia ci siano persone che sono state vicino alla politica o alla comunicazione.
Tutti quei discorsi in Italia sullo scambio, le relazioni, le reti sociali, l’economia del dono non sono altro, ora ?ɬ® pi?ɬ? evidente, meccanismi politici; della nostra cara politica italiana.
Stesso discorso per gli effetti collaterali come l’autoreferenzialit?ɬ† e l’autopromozione a ogni costo.
Non c’?ɬ® – n?ɬ® ci sar?ɬ† – nulla di una Nuova Politica da questo versante se non nuovi veloci strumenti destinati a essere sempre pi?ɬ? inflazionati ma privi di contenuti.
Sotto l’iPod, niente.

E si stanno accorgendo di questo anche i pi?ɬ? duri e puri del fenomeno blog che dopo libri su libri, eventi di richiamo, programmi tv, trasmissioni radiofoniche, editoriali, consulenze aziendali e business di ogni sorta devono ammettere a malincuore che non esiste la categoria spirituale dei blogger, non ?ɬ® riuscita a formarsi in Italia, non c’?ɬ® mai stato alcun modello che sia riuscito a incidere eticamente e socialmente; al contrario ?ɬ® stato importato fin da subito ogni sorta di vecchiume.
Cos?ɬ¨ ?ɬ® evidente che da noi non ha senso un candidato dei blogger ma allo stesso modo non si pu?ɬ? pensare di vendere un prodotto ai blogger (siano libri, dischi o quant’altro).
La teoria della coda lunga in Italia si infrange sulle mille caste e finisce in un triste individualismo.

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il new york times abbassa il proprio impatto energetico



Originally uploaded on Flickr by brappy!.

Secondo il suo editore il New York Times (attualmente il quotidiano di riferimento del nostro pianeta) ?ɬ® in una fase di transizione che si concluder?ɬ† con l’abbandono della carta e la pubblicazione solo online.
La notizia ha destato scalpore tra i giornalisti (nostrani) di lunga data che sembrano voler sottolineare come la tendenza sia causata principalmente dalla crisi economica progressiva del famoso giornale, come a dire che per i quotidiani che riusciranno a limitare le perdite (magari sfruttando le imperfezioni e le false nicchie del sistema economico italiano) la carta potrebbe avere ancora un lungo futuro.
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il fattore D o come imparai ad amare il blog


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I tentativi di aumentare artificiosamente l’attenzione di un blog non contribuiscono ad aumentarne il reale valore, Stefano Epifani ha ragione da vendere (visto il link? che technorati sia con te!).
Eppure molti potrebbero rispondere (e probabilmente lo faranno), cos’?ɬ® questo valore? cosa fa di un blog un buon blog? e persino, cosa ?ɬ® un blog? (per carit?ɬ†, ancora??)
Eh s?ɬ¨, tutto ?ɬ® relativo… o almeno, lo ?ɬ® dell’avvento della tv commerciale e dei puffi.
Eppure per uscire dal pantano bisognerebbe fare un passo avanti.
Cio?ɬ® perch?ɬ® realmente si commercia, ops pardon si scambia, “attenzione”?
Perch?ɬ® accade cos?ɬ¨ intensamente in Italia?
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Titanic style


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Devo dire la verit?ɬ†, fanno un po’ tenerezza le confessioni religiose (protestanti vari, buddisti ecc.) che oggi protestano perch?ɬ® si sentono esclusi dalla rutilante tv italiana e (non senza ragioni certamente) fanno un esposto al garante contro la RAI.
E’ come se qualcuno facesse a spintoni per riuscire a salire anche lui sul Titanic.
La gente ?ɬ® altrove: chiedete a Di Pietro.

di tipo A o di tipo B?

Bravo Tonino che dopo la vicenda Autostrade-Abertis continua a usare strumenti nuovi ed efficaci per cercare di parlare direttamente a tutti.
Coraggioso e lungimirante, senza troppi formalismi (visto che, parafrasando Beppe Grillo, anche lui ?ɬ® un nostro dipendente e io non mi formalizzo troppo).
Oggi ci propone un “consiglio dei ministri for dummies” da cineteca.

Ora che abbiamo sdoganato anche qui in Italia questo modo di rivolgersi al pubblico, agli elettori, ai cittadini e se ne riconosce in qualche modo l’importanza sarebbe possibile avere un po’ pi?ɬ? di professionalit?ɬ† negli aspetti tecnici?
O ci toccher?ɬ†, anche qui, predicare nel deserto per anni?

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