un-social media: last.fm e i nuovi digital divide

Un frettoloso annuncio sul blog ufficiale avvisa del cambio di strategia.
La funzione di radio di Last.fm (uno degli strumenti più popolari su internet) non sarà più gratuita per i numerosissimi utenti registrati, costerà 3 euro al mese, ad eccezione di USA, Gran Bretagna e Germania dove rimarrà gratuito.
Centinaia di utenti (anche dai tre paesi esclusi) protestano nei commenti del post verso questa discriminazione e molti annunciano il loro abbandono immediato.
Dopo molte sollecitazioni lo staff tenta di spiegare, con qualche imbarazzo, le motivazioni di una decisione così bizzarra: la funzione più importante di Last.fm rimarrà gratuita nei soli 3 paesi in cui l’azienda ha una struttura per la gestione pubblicitaria.
“Quindi – commenta un utente – pagherò per mantenere gratuito il servizio in USA, UK e Germania?”
¬†Un altro aggiunge: “nel mio paese 3 euro sono tanti…”.
¬†Prende forma il primo caso di inverse revenue model: prendere a chi ha meno per dare a chi ha di più.
 Non che la Rete fino ad oggi sia stato un perfetto esempio di giustizia sociale ma almeno non ci si aspettava un percorso a ritroso nel tempo.

Vale la pena di sottolineare subito una cosa: non c’è nulla di male a chiedere soldi per un servizio che vale¬†e last.fm (che indubbiamente è uno di questi) già ha un suo abbonamento a pagamento con alcuni servizi in più.
La stessa cosa la fa da anni Flickr e nessuno si è mai lamentato di questo, anzi il servizio è cresciuto.
Quello che ha scatenato le proteste è il trattamento differenziato riservato ai propri clienti, per due motivi:

  1. ¬†un servizio che prima era gratuito per tutti è diventato gratuito per pochi, sulla base solo della nazionalità, un elemento che è (dovrebbe essere) abbastanza debole su internet.
    La gente non apprezza cambiamenti non adeguatamente motivati.
  2. gli utenti penalizzati hanno sostenuto (proprio come quelli favoriti) last.fm per anni, accettando di farsi tracciare i gusti musicali (lo scrobbling), popolando il loro database, aggiungendo tag e parlandone agli amici: insomma hanno fatto il successo del servizio.
    La gente non apprezza chi dà poco valore alla loro fiducia e al loro impegno online.
La scelta della società, recentemente acquistata dalla CBS per circa 300 milioni di dollari, non sembra dettata da motivi di immediata sopravvivenza né riconducibili ad alcuna strategia di business online.
I costi di banda e per le royalties non sono sensibilmente cambiati negli ultimi tempi, il numero degli utenti cresce ma senza picchi e gli insersionisti non mancano (anzi il mercato della pubblicità online è avvantaggiato dalla crisi).
Sarebbe bastato rendere la radio di Last.fm a pagamento per tutti, anche a 1$ al mese, sarebbe stata anche l’occasione per spiegare le nuove strategie e farsi ben comprendere dagli utenti (che difficilmente avrebbero negato il loro supporto), continuare ad avere una immagine positiva e non perdere clienti invece di sbattere la porta in faccia a circa un miliardo di utenti potenziali e tradire la fiducia di chi li aveva supportati.
Sarebbe stato anche uno dei primi passi verso la Rete pay-per-content che tutti attendiamo, fatta di modelli di business sostenibili e in grado di stimolare (grazie a questa massa critica) i nuovi indispensabili accordi sui micropagamenti.
Ma i dirigenti della CBS non sembrano così avveduti, hanno sbagliato anche la comunicazione, mandando allo sbaraglio lo staff Last.fm senza alcuna preparazione, affidando l’annuncio di un evento così critico al solo blog e lasciandosi massacrare nei commenti al post.
In fondo una strategia così suicida e involutiva fa venire in mente che non sia stata pensata avendo in mente il business online ma sia dettata da altre priorità della major americana.

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5 thoughts on “un-social media: last.fm e i nuovi digital divide

  1. Fujiko

    [Avviso che il commento è chilometrico, ma quando mi girano le trottole perdo il dono della sintesi!]

    A volte penso di aver fatto un grosso errore a non imbarcarmi nella professione per cui ho studiato, cioè l’esperta (?!) di relazioni pubbliche.
    Perchè credo che in due anni, considerato il livello della concorrenza, sarei diventata fantamiliardaria!

    A parte l’operazione in sè per sè, ciò che succede sul blog di Last.fm sfiora il ridicolo. Ieri ho segnalato che c’erano voluti oltre 20 commenti furenti per suscitare un minimo di risposta.
    E ad oggi, la risposta dello staff del blog alla domanda secca “e perchè lì si e qua no?” è 1: quella era, e quella è rimasta.

    Che risposta poi…una minestra di troppe motivazioni, troppo poco motivate; forse il loro modello di comunicazione è John Belushi nei Blues Brothers, quando si trova davanti a Carrie Fisher.

    I polli, inoltre, hanno di fatto regalato una vetrina gratis a tutti i loro concorrenti, visto che la gente s’è scatenata nel postare commenti con i link.

    Giusta anche l’obiezione di un utente, che si chiede perchè una notizia del genere non sia stata convogliata per email a tutti gli utenti, e sia stata invece relegata sul blog (che, per inciso, io non conoscevo).
    In effetti, la notizia non solo non compare sulla homepage di Last.fm, ma è irreperibile anche sul forum in lingua italiana, e nelle traduzioni dell’annuncio vengono riportate solo le Q&A generiche.

    Però un briciolo di furbizia quelli di Last.fm l’hanno manifestato: hanno escluso dai paesi paganti l’America, dove si sa, con le class action lagente fa causa anche a Walt Disney perchè Pippo sta in piedi e porta i vestiti e Pluto no, pur essendo entrambi cani.

    Sennò un bel polverone causa razzismo, secondo me, non glielo toglieva nessuno.

  2. kOoLiNuS

    in ogni caso davvero la motivazione per cui in USA, UK e Germania sono paesi in cui la pubblicità “locale” sostiene il servizio è da ritenersi campata in aria ?

    voglio dire, la Sony Music Italia – o altra multinazionale discografica – perché non investe quanto Sony Music DE su last.fm ?

  3. Luca Alagna Post author

    @koolinus credo sia una motivazione reale ma allora come è sopravvissuta fino ad oggi Last.fm? forse questo loro modello è in crisi e le major hanno aumentato le royalties? o forse ad una azienda appena entrata nel gruppo CBS è richiesto un rendimento superiore a quello di una start-up internet? se fosse così come dicono come farebbe Google a gestire pubblicità in ogni paese del mondo (e centinaia di lingue)? hanno davvero interesse a investire in questo business?

  4. Luca Alagna Post author

    UPDATE: oggi un nuovo post sul blog di Last.fm HQ http://blog.last.fm/2009/03/30/radio-announcement-revisited modifica parzialmente il tiro, spiega le loro motivazioni (“we simply can’t be in every country where our radio service is available selling the ads we need to support the service.”), non riescono ad essere presenti fisicamente in ogni paese del mondo, per gestire la pubblicità, tranne i 3 noti.

    La novità è che il passaggio al nuovo sistema è sospeso finchè non si realizzano alcune migliorie tra cui introdurre metodi di pagamento alternativi a paypal e carta di credito in ogni paese del mondo, come per es. quelli via SMS.

    La domanda sorge spontanea (cit.): non riescono a gestire la pubblicità in ogni paese del mondo ma riescono a gestire negli stessi posti gli accordi con i gestori telefonici e le banche?

  5. Luca Alagna Post author

    aggiornamento: cvd i due fondatori di Last.fm lasciano la compagnia, passata alla CBS un paio d’anni fa
    http://blog.last.fm/2009/06/10/message-from-the-lastfm-founders-felix-rj-and-martin

    a questo punto le ultime mosse della major americana sono più facilmente leggibili: è plausibile che abbiano acquisito Last.fm più per limitare i danni (nella classica politica di posizione di rendita sui diritti) che per sviluppare davvero un business.

    Nel frattempo è venuto fuori un servizio tecnicamente migliore di Last.fm (anche se molto poco social): è Deezer.com
    Speriamo duri.

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