Progettare il web per la pubblica amministrazione nell’era 2.0

L’intervento al BarCamp di Roma è consistito in una presentazione, in uno stile informale, dei diversi argomenti attraverso uno showreel di musica (purtroppo non avviata in questa occasione a causa del ritardo) e foto “animate” selezionate da www.flickr.com tra quelle disponibili grazie alla licenza creative commons e catalogate “folksonomicamente” con le tag inerenti a ciascun argomento.
Il risultato è stata una presentazione che si potrebbe definire organicamente “2.0”, cioè costruita anche per evidenziare il contrasto tra l’aspetto pratico degli argomenti e l’attuale fase dello sviluppo web.
Perciò non mi è possibile riportare con questo post la presentazione in sè (lo potrà fare forse il video o il podcast dell’intervento) ma solo i contenuti in un forma più discorsiva (ma spero non troppo noiosa).

Il primo spunto per cercare di parlare di PA (Pubblica Amministrazione) e web, dal punto di vista del progettista, è l’arrivo del BarCamp a Roma, la “città dei ministeri”.

Il fatturato del settore web in Italia, dall’esplosione della bolla speculativa in poi, si è sempre più spostato verso la PA e allo stesso tempo la PA stessa si è “svegliata” dal suo storico torpore nei confronti delle novità.
Perciò da molti anni si è iniziato a porre il problema per i progettisti di come affrontare efficacemente (non solo efficientemente) il cliente-PA.
Il secondo spunto proviene non solo dal fatto che si tratta di un argomento non molto trattato ma anche dal fatto che si tratta di una situazione intrinsecamente complessa, ancora di più in relazione alla fase “web 2.0” che viviamo.

L’approccio all’analisi di questa situazione passa, per una volta, attraverso considerazioni classiche di progettazione dell’organizzazione (aziendale) che si trasformano direttamente in analisi di come le informazioni fluiscono intrnamente arricchendo il bagaglio del progettista web di indispensabili informazioni sui reali meccanismi, al di là delle apparenze o delle specifiche richieste.
Il tutto all’interno di una base (ormai consolidata nel mercato si spera) di progettazione centrata sull’utente (user centered design).

1. I motivi della peculiarità della PA
Alla base di questa riflessione si possono raccogliere motivi di diversa natura che il progettista dovrebbe tenere presente.
Innanzitutto quelli intrinsechi alla PA, identificabili nella potenziale poca chiarezza verso i reali obiettvi di un progetto web e quindi nelle stesse specifiche.
La domanda cruciale qui è: perché una PA vuole un sito web?
Ne ha essenzialmente ed efficacemente bisogno?
La risposta è, paradossalmente, no.
C’è una sorta di rapporto conflittuale tra le nuove tecnologie e la PA.
C’è la paura ma anche una attrazione fatale.
E molto spesso la reazione è quella di affrontare di petto il problema e cercare di integrarlo.
Accanto a questo convivono una spinta governativa (le inevitabili direttive di e-government), il tentativo di aumentare la soddisfazione dei membri della propria organizzazione e il desiderio di ringiovanire l’immagine della PA stessa.

In secondo luogo ci sono motivi contrattuali.
La PA di solito è un cliente enormemente più potente anche della più grande web agency o società private, quindi c’è una situazione di asimmetria, con relative penali, regole ecc. che influenza alla base il rapporto.

Infine ci sono motivi tecnico-pratici.
Progettare per la PA significa considerare come utenti potenziali, di volta in volta, non solo classi di utenti ma semplicemente tutto l’universo di utenti possibili, con tutte le differenziazioni del caso.
Sembra una considerazione di poco conto ma in una progettazione centrata sull’utente ha un valore essenziale.
Inoltre è possibile incontrare una scarsa flessibilità nel fornire le informazioni o i dati.
In altre parole molto spesso il rapporto con l’organizzazione lo si ha attraverso i vertici i quali però non è detto che conoscano realmente quello che accade all’interno (per motivi che saranno chiari in seguito).
Può esserci anche un ostacolo nel difficile rapporto con la struttura tecnica interna.
E un’altra delle difficoltà è costituita dal riuscire a comprendere la (complessa) struttura organizzativa e informativa.
In ultimo i conflitti all’interno di grandi organizzazioni di questo tipo possono, anch’essi, influire negativamente.

2.la PA è una organizzazione caratterizzata dal modello organizzativo burocratico.
Iniziano qui le considerazioni di analisi organizzativa a partire dall’osservazione di come la burocrazia, intesa non nell’accezione negativa ma come modello organizzativo e quindi informativo, sia alla base della PA.
Cosa è e come è fatta la burocrazia?
E’ una organizzazione fondata sulla standardizzazione dei processi di lavoro, basata su regole, procedure ecc.
Il mondo della PA è un mondo di regole infinite.
E’ un modello ideale per affrontare ambienti esterni stabili e semplici e in presenza di un forte controllo esterno, che tende ad accentrare e formalizzare.
E’ fortemente strutturata al livello delle funzioni ed è molto differenziata in unità di lavoro (ad ogni livello) con limitate competenze specifiche.
Chi non ha avuto l’esperienza con la PA di sbattere contro la frase “non è nostra competenza”?
In definitiva è caratterizzata da una profonda divisione del lavoro.
Ognuno ha il proprio ruole, ben delimitato.

E’ interessante a questo punto vedere che conseguenze ha una struttura di questo tipo sui flussi di informazione e conoscenza interni.
Ci possono essere possibili interferenze o incompletezze informative.
Le comunicazioni tendono ad avvenire prevalentemente secondo la linea gerarchica, verticisticamente, mentre tra funzioni possono essere scarse.
Questo può voler dire per es. che nell’architettura dell’informazione ciascuna funzione tenterà di privilegiare le proprie informazioni ignorando o escludendo quelle degli altri.
C’è una vera e propria ossessione per il controllo (al fine di eliminare ogni incertezza e regolare i conflitti interni) che porta anche all’utilizzo di sistemi di management information system rigidi, che comportano insospettabilmente una distorsione delle informazioni nel passaggio dal livello più basso dell’organizzazione a quello più alto.
Questo è uno dei motivi del possibile scarso aggiornamento dei vertici sulla realtà organizzativa: si tende a una eccessiva enfasi sulle informazioni generali e poco su quelle specifiche, escludendone addirittura molte altre.

Un’altra conseguenza è rappresentata dai conflitti interni, in particolare quelli tra l’efficienza ingegneristica dell’organizzazione e la soddisfazione individuale.
E’ proprio la ricerca della riduzione della sensazione di alienazione dei propri dipendenti uno dei motivi per cui la PA è attratta dalle nuove tecnologie.

L’inaffidabilità informativa ad ogni livello, ma in particolare dei vertici, è un’altra conseguenza pericolosa per il progettista.
Il vertice è il “tappo” di una situazione permanentemente insostenibile: è impossibile avere informazioni complete e un ambiente stabile come richiesto da questo modello pertanto i vertici formuleranno strategie sbagliate o soggette a continuo (lento) adattamento.
In sostanza la burocrazia è un’organizzazione capace di modificare poco e lentamente la propria strategia e per questo assomiglia a un elefante: stabile e pesante.

Infine anche le relazioni controverse con l’ambiente esterno possono essere una conseguenza negativa.
Il tipico cattivo trattamento dei clienti si trasforma facilmente in una cattiva immagine.
Conseguentemente l’organizzazione cerca continuamente di stabilizzare l’ambiente esterno per poter sopravvivere.
Per es. attraverso la pubblicità, l’integrazione verticale, cartelli di mercato e non ultimo, oggi, l’utilizzo del web.
Pertanto un’altra buona tattica adottata dalla PA risulta quella di cercare di produrre all’interno i servizi “collaterali” (come le nuove tecnologie) invece di acquistarle all’esterno.
Alla fine ne esce fuori una forte impronta di resistenza intrinseca alle idee innovative di ogni tipo.

Non si può concludere questa parte di analisi senza un accenno ai possibili approcci a un tale sistema organizzativo da parte del progettista.
Bisognerebbe cercare di andare verso una compensazione equilibrata, perciò verso la direzione opposta fin qui vista cioè l’organicità.
Poichè sappiamo che la burocrazia cerca di difendersi attivamente dalle novità, come il web, sicuramente l’atteggiamento deve essere di tipo “leggero” ad ogni livello: dall’archiettura alle funzionalità.

3. il web è un ambiente instabile e complesso: esattamente l’opposto.
Sembra difficile la coabitazione di questi due mondi, a maggior ragione guardando gli ultimi sviluppi: il web 2.0
Su questo ho già scritto su come si possa definire e come gli utenti siano diventati ancora di più il vero centro.
Se passiamo da utenti a cittadini otteniamo un altro grado di separazione dalla PA, perché progettare oggi il web non può prescindere dal seguire questa strada user-centered.
Oggi la user experience è la vera killer application, e pensare che l’esperienza negativa del cittadino è proprio uno dei punti deboli della PA…
E’ possibile conciliare situazioni così controverse?

4. il progetto della PA nel web 1.0: organigramma uber alles!
Per dare una risposta è meglio prima andare a vedere come si progetta per la PA nel web 1.0
Molto spesso, e su richiesta, si implementa come architettura organizzativa lo stesso organigramma.
La cosa può trarre in inganno perché effettivamente (come abbiamo visto) l’organigramma rispecchia in qualche modo la reale struttura di comunicazione ma non rappresenta i veri flussi informativi.
Si utilizzano CMS (content management system), proprietari e rigidi, backoffice centrati sui contenuti (e non sugli operatori) quindi decisamente tecnici e poco friendly.
L’interfaccia e la navigazione sono naturalmente molto articolati e spesso pensati per soddisfare il funzionario committente o evitare conflittualità.
Infine varie normative possono fornire un elemento in più di rigidità.
Per es. La Legge Stanca sull’accessibilità rappresenta una grande innovazione civile ma contiene anche regole “burocratiche” che introducono degli ostacoli (per es. la controversa questione sui colori ammissibili).

5. Un metodo per il web 2.0: la destrutturazione
La filosofia user-centered del web 2.0 può suggerire un approccio per affrontare efficacemente la situazione.
Innanzitutto è necessario capire quali servizi siano più appetibili da quali classi di utenti per es. attraverso un metodo discount e associarlo a ciascun elemento della struttura informativa (preliminarmente basata sull’organigramma).
Poi si può separare ogni nodo dalla struttura architetturale e permettere che, in base a questa analisi, ciascun segmento informativo possa “venire a galla” in base alla sua reale importanza, come bolle d’aria in un liquido.
Questo può avvenire nella pratica attraverso diversi metodi valutativi basati anche sull’esperienza.
La configurazione che si ottiene deve essere mediata dalle esigenze specifiche del committente.
Quindi oltre a una interfaccia semplificata al massimo (come prerequisito) possono assumere un ruolo importante i widget tipici del 2.0 che possono rappresentare il punto di incontro tra le esigenze degli utenti e le richieste della PA: una finestra interna in AJAX può allo stesso tempo contenere informazioni utili e dare visibilità a una funzione chiave per l’organizzazione, con una sintesi graficamente ammissibile.
Un aspetto indispensabile del progetto dovrà essere la sua flessibilità, la fluidità nel cambiamento delle specifiche e l’apertura, per es. l’utilizzo di codice opensource o della classificazione a faccette (che coniuga efficenza e flessibilità), e quindi del preparare il progetto a uno sviluppo organico.
Nel risultato finale oltre a una maggiore efficenza si riesce a scorgere anche la effettiva utilità progettuale di alcune variazioni tecniche tipiche del web 2.0 che altrimenti potrebbero venire considerati quasi degli orpelli.

In conclusione non esiste ovviamente una ricetta precisa per affrontare questo tipo di progettazione ma attraverso la consapevolezza dei meccanismi di funzionamento interni della PA e una filosofia di approccio (che non può prescindere dallo stato dell’arte) si ha la possibilità di portare efficacemente il web della PA verso l’era 2.0


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