Non solo il mondo non è finito il 21 dicembre 2012 ma anche questo sarà definito “L’anno di Twitter”, come tutti gli altri fin dal 2009 almeno.
Attualmente seguo istantaneamente su Twitter almeno 1000 persone in italiano, periodicamente arrivo a 3000, e devo dire che il 2012 è stato effettivamente un anno in cui questa modalità di comunicazione è cresciuta.
Sarà perché i giornalisti lo hanno davvero adottato in massa non solo come una fonte ma come un modo di commentare e confrontarsi o perché l’aura di misticismo intorno al citizen journalism si è dissolta mostrando la realtà di chi fornisce contenuti realmente di qualità e chi inventa solo storie per catturare l’attenzione.
Le statistiche, per cui siamo già tra i 3 e i 4 milioni su Twitter (con una percentuale inferiore per chi lo utilizza assiduamente o produce contenuti), rischiano di non dire tutto sul fenomeno che sta sciogliendo vecchi schemi.
Ogni grande evento del 2012 è stato elaborato e arricchito dagli utenti su Twitter, dal disastro della Concordia, al terremoto in Emilia-Romagna, alle vicende politiche come le Primarie, trasformandola spesso in nuova informazione per i massmedia, a volte per puro sensazionalismo altre per reale valore.
Questo è proprio uno dei pericoli ancora in piedi per la credibilità dell’ecosistema, alimentato in Italia da una diffusa ignoranza sui nuovi meccanismi e la poca propensione a cambiare mentalità e modelli.
Continueremo a sentir parlare di bufale su Twitter, nate in realtà altrove, a veder scambiata autopromozione per credibilità, a vedere associazioni semplicistiche con altri canali o mezzi di comunicazione e avventure imprenditoriali claudicanti basate su tutto questo.
È il prezzo da pagare per questo universo digitale di relazioni e interazioni che sta attirando sempre più politici e personaggi noti accanto ai cazzeggiatori di professione, provenienti spesso dal lato più logoro del mondo dello spettacolo e delle radio, intenti ad intasare fino alla saturazione le nostre timeline.
Una conseguenza è che non esiste più una sola scena italiana twittante a cui far riferimento ma numerose sfere di interazione, più o meno interconnesse (si pensi a Grillo e i suoi attivisti) e auto-organizzate.
Un esempio clamoroso sono le sfere fandom di cantanti e gruppi musicali degli adolescenti italiani (definiti spesso in maniera sprezzante “bimbominkia”), in particolare quella degli One Direction, che si sono trasferite nel 2012 in massa da Facebook a Twitter assumendo di fatto il controllo quotidiano dei Trending Topics italiani di Twitter.
Non bisogna dimenticare (come invece spesso avviene) di considerare queste culture giovanili che di fatto stanno ridefinendo (a loro uso e consumo ovviamente) la piattaforma attraverso una forumizzazione di Twitter.
L’aspetto interessante, comunque, è che spesso ogni sfera si comporta da pianeta a sé stante ignorando il resto dell’universo o assumendone tolemaicamente la centralità, un atteggiamento che se praticato dalla classica “casalinga di Voghera” ha un impatto limitato ma se raccontato da un giornalista di Corriere o Repubblica, o da un “esperto”, ha un effetto dirompente come informazione.
In generale nel 2012 si è sentito ancor più il bisogno di maggiore responsabilità e credibilità nel raccontare al grande pubblico questi mondi e la loro rilevanza ed è probabile che nel 2013 questo aspetto farà la differenza, sia per le nuove realtà o figure che per quelle vecchie, decretandone la sopravvivenza o la morte.
Il meglio deve ancora venire.
Buon 2013.
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