L’UDC cambia nome e invece di ingaggiare la classica agenzia decide di affidarsi a una community italiana online di crowdsourcing su creatività e grafica.
Gli iscritti alla community Bootb possono inviare proposte sul nome fino al 1 gennaio 2011, il brief è pubblico e il premio per il vincitore è di 5000$.
Credo sia il primo partito politico in Italia presente in Parlamento che si affida al web per rinnovare un patrimonio importante come il proprio nome.
L’operazione prevede indubbiamente un ritorno comunicativo ma non è da sottovalutare una buona dose di coraggio di mettersi in gioco.
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prevedo più proponenti che elettori
Il crowdsourcing è senza dubbio uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi tempi. Capire dove sia sensato e utile usarlo sarà un risultato dell’esperienza accumulata.
Il caso di Casini è suggestivo! Mi permetto di proporre alcuni pro e contro e che vedo.
Il fatto di stimolare l’uso dei nuovi paradigmi di comunicazione e collaborazione, da parte di un politico mi sembra positivo. Inoltre potrebbe essere il primo passo di un coinvolgimento attivo delle persone in programma politico.
Con una buona piattaforma di Enterprise Crowdsourcing o Business Process Outsourcing, un partito potrebbe pensare di condividere il proprio programma e farlo evolvere insieme ai suoi iscritti e simpatizzanti, controllandone e usandone adeguatamente i contributi. Sarebbe un passo verso una politica più costruita dalle persone che ne subiscono le conseguenze. In effetti, un tipico esempio del crowdsourcing, è dato dai clienti che suggeriscono all’azienda quali prodotti fare.
Penso però che usare il crowdsourcing per il nome di un partito che deve nascere mi sembra sintomo di poca convinzione: le linee guida del programma, la sua strategia (o vision), dovrebbero già suggerirlo.
Piero Stanchi