gli effetti collaterali della rettifica online


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Non mi sorprende l’ennesimo provvedimento che mette in difficoltà in Italia la comunicazione su internet.
I social media sono un mezzo di comunicazione libero, democratico potenzialmente accessibile da tutti, potente e all’interno del quale le opinioni non sono controllabili perciò è naturale che l’establishment (che in Italia è particolarmente arroccato e spregiudicato) tenti in ogni modo di ostacolarlo.
Così al disegno di legge sulle intercettazioni (che già è tra le leggi più discutibili degli ultimi decenni) firmato dal ministro Alfano al cui maxi-emendamento (su cui è posta la fiducia al Governo) è stato aggiunto un’articolo che estende l’obbligo di rettifica anche ai “siti informatici”.
La genericità e l’imprecisione della definizione già fa capire come non si tratti di un attacco frontale specifico ai blog o ai social media (avrebbero potuto inventarsi ben altro).
L’obiettivo in questo caso sono le versioni online dei vari quotidiani (e periodici) a cui si estende l’obbligo di rettifica come già accade per le versioni cartacee.
Il punto è che questo stesso scopo con una legge del genere è perseguito in maniera maldestra e anzi controproducente.

Partiamo dalla rettifica: se su un quotidiano cartaceo e fisicamente distribuibile vengono pubblicate immagini o attribuiti atti o pensieri o affermazioni ritenuti lesivi della dignità di qualcuno o contrari a verità costui può chiedere una rettifica che deve essere pubblicata (secondo precise modalità) nelle edizioni successive, che occuperanno quindi uno spazio in quell’edizione cartacea fisicamente distribuibile.
La nuova legge prevede che debba adempiere a questo obbligo anche ogni “sito informatico”, entro 48 ore dalla richiesta.
Ora, è evidente come la comunicazione online non avvenga come immaginano gli estensori di questa pessima legge e l’istituto della rettifica, che già è vecchio e debole sulla stampa cartacea, sia perfettamente inutile su Internet.
Anzi, decisamente controproducente.
Immaginiano che A sul suo sito scriva qualcosa di falso su B, in un post.
Il post apparirà nei siti di aggregazione, sui feed reader, verrà discusso, linkato, avrà dei commenti (come quasi sempre accade) e forse darà luogo a qualche altra discussione in giro per la Rete.
Supponiamo che abbia un riscontro abbastanza limitato.
Un bel giorno B, cercando su Google, scopre il post di A e chiede subito di pubblicare una rettifica.
A nel rispetto della legge pubblica¬†con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità la rettifica chiesta da B senza commenti; cioè pubblicherà un nuovo post contenente esclusivamente la rettifica e il riferimento al post rettificato (quindi il link).
Questo post alieno attiverà inevitabilmente gli stessi meccanismi di diffusione del precedente e genererà un richiamo immediato a quello scritto originale, così non solo fallendo nello scopo della rettifica di “coprire” le affermazioni diffamatorie, o di dare l’ultima parola, ma amplificando una vicenda che poteva essersi perduta nei meandri delle infinite conversazioni sulla Rete.
Inoltre, pubblicandolo con la stessa visibilità di ogni altro, il post di rettifica, pur non potendo essere integrato con commenti, potrà avere i commenti in calce (la legge non lo vieta) e quindi ogni altra discussione potrà proseguire lì con ulteriore possibile danno per la persona offesa.
Infine, senza venire meno agli obblighi di legge, A potrebbe subito dopo pubblicare uno o più post che nella tipica struttura cronologica del blog farebbe passare la rettifica in secondo piano, vanificandola del tutto.

Tutto questo accade solo perché la rettifica in un quotidiano, in un periodico, ha una sua logica ma all’interno di una conversazione liquida estesa a tutto il mondo semplicemente non ha senso.
Sarebbe come voler imporre la par condicio alle discussioni politiche fatte al bar: è assurdo.
Certo, per un quotidiano online potrebbe ancora avere una sua qualche corrispondenza (anche se l’efficacia è praticamente nulla) e questo mi porta a pensare che più di un attacco ai social media si tratti di superficialità e scarsa conoscenza della Rete e che con il termine “siti informatici” si volesse più precisamente intendere “testate online registrate”.

Ma allora come ci si difende dalla diffamazione e dalle falsità su internet?
I soggetti deboli (per es. i privati cittadini) sono già tutelati dalla legge sulla diffamazione, che viene usata con successo anche su Internet.
Ai soggetti forti (es. i grandi marchi, personaggi pubblici) non consiglio di avvalersi della legge (se non in casi estremi), è un atteggiamento visto come prepotente e in molti casi realmente controproducente; la cosa migliore è scendere nell’arena della Grande Conversazione e dialogare direttamente con i propri clienti o fan, in un ambiente così grande se si parla con onestà alla fine le ragioni vengono sempre a galla (e si ritorcono contro i diffamatori).

La Rete è percorsa da iniziative di protesta contro questa legge bislacca, per es. il 14 luglio, il mio modo di protestare per il momento è cercare di spiegare cosa succede e se nulla cambierà ne vedremo certamente delle belle.
Aggiungo qui di seguito come risulterebbe dopo l’approvazione l’articolo 8 (Risposte e rettifiche) della Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) allo stato attuale degli emendamenti (un paragrafo un comma; in neretto le parti aggiunte o modificate):

Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale.

Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma precedente sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono.

Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce.

Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono

Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate senza commento nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate.

Per la stampa non periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata, entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata

Qualora, trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, e sesto comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, quinto e sesto comma, l’autore della richiesta di rettifica, se non intende procedere a norma del decimo comma dell’articolo 21, può chiedere al pretore, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione.

Della stessa procedura può avvalersi l’autore dell’offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta

La mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da lire 15.000.000 a lire 25.000.000.

La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata.


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5 thoughts on “gli effetti collaterali della rettifica online

  1. Giulia

    Scusa, ma io non sono per niente d’accordo. E’ vero che la rettifica rende più evidente il post originale, ma è anche vero che intacca, insieme ai post che è possibile scrivere successivamente, l’attendibilità dell’autore, attendibilità che poi è uno dei principi su cui ci basiamo per giudicare un buon blog. Non si può, secondo me, accettare il principio secondo cui, in un modo o nell’altro, se sono state scritte cose false il solo correggerle e portarle all’attenzione pubblica sia deleterio. Il messaggio che dovrebbe passare è esattamente quello opposto, ossia che anche senza rettifica, i meccanismi di diffusione di una notizia portino alla selezione delle informazioni attendibili e alla smentita di quelle false.

  2. Luca Alagna Post author

    è proprio per quest’ultimo motivo che scrivi tu che una rettifica obbligatoria per legge è inutile, la Rete ha meccanismi di selezione e conversazione diversi.
    Sapendo tutti che è un atto obbligatorio e con contenuti interamente scritti dalla parte offesa (massimo 30 righe poi…) come fa ad intaccare realmente l’autorevolezza del blogger?
    Perchè poi non ci scordiamo che si parla di lesione della dignità ma non si capisce chi debba stabilire prima cosa sia lesivo e di affermazioni contrarie a verità e non si capisce chi stablisca prima questa verità.
    In pratica, nel dubbio, si pubblicheranno TUTTE le rettifiche più disparate e a maggior ragione questo livellamento incontrollato del diritto non riuscirà a cambiare la fiducia dei lettori-utenti e l’attendibilità del blogger.

    Detto questo il principio per cui una legge stabilisca cosa dobbiamo dire in una conversazione è oscurantista, odioso ma allo stesso tempo anche abbastanza stupido… (e ho già scritto un paio di modi per superarlo).

  3. Giulia

    Sia chiaro, io non sto difendendo il riferimento legislativo o la rettifica. Quello che voglio dire è che se proprio vogliamo fare critica, cerchiamo di farla in maniera cosciente e costruttiva. Dire che la rettifica danneggia chi è stato diffamato fa passare il messaggio “nascondiamo le falsità, facciamo in modo che se ne parli il meno possibile”. Il messaggio che dovrebbe essere chiaro è, secondo me, “la rettifica non serve perchè la rete ha meccanismi di selezione e conversazione diversi” (cito il tuo commento, permettimelo)

  4. Luca Alagna Post author

    certamente i meccanismi di tutela devono sempre esserci e in realtà la legge sulla diffamazione esiste per questo e funziona già su internet, non ne serve un’altra specifica ma questo non vuol dire che bisogna nascondere le falsità.
    Il problema semmai è che la falsità e la lesività che portano a un obbligo di legge sui blog sarebbero concetti assolutamente soggettivi.
    Nelle intenzioni originali servono per bilanciare il potere della stampa ma qui non c’è alcun potere, c’è conversazione e meccanismi di autorevolezza: non serve tutelare un diritto di replica perchè la replica è una possibilità insita in questo sistema e sempre accessibile a tutti.
    Diverso discorso per la diffamazione, naturalmente.

  5. frap1964

    Come ho già scritto anche altrove, c’è la questione non secondaria relativa al vincolo “entro 48 ore dalla richiesta.”

    Ora chiunque capisce che questo apre alle più varie e diverse interpretazioni, ma è evidente che il senso comune non può che essere: “entro 48 ore dal ricevimento della richiesta”.

    Il ricevimento deve essere evidentemente tracciabile e dimostrabile in caso di contestazione davanti al pretore, anche al fine di poter far applicare le eventuali sanzioni.
    Per quanto mi risulta, ad oggi, gli unici mezzi legali riconosciuti in questo senso sono la raccomandata AR e, ma solo in parte, il fax (che in teoria però può arrivare anche “non leggibile”).
    Potrebbe forrse esserlo l’ e-mail certificata in futuro, ma al momento la cosa è una chimera.

    Ergo serve un indirizzo postale “fisico” cui poter inviare la richiesta.
    Mentre è fatto obbligo per legge alle “testate registrate” di pubblicarlo, così non mi risulta sia per chiunque possieda un blog (almeno al momento) e/o un “sito generico”.

    Come si possa quindi sostenere e/o pensare che questa norma riguardi tutti i siti informatici indistintamente francamente io non l’ho ancora capito.

    Altro aspetto che la legge non affronta affatto è quello della “persistenza” dell’eventuale smentita in rete.
    Quindi se la pubblico con la medesima visibilità iniziale della notizia, anche solo per un giorno (oppure meno) e poi la faccio opportunamente “sparire in archivio”, che succede?

    Poi la discussione potrebbe allegramente continuare su cosa si debba intendere invece per “stampa non periodica”, che pure qui l’imporre di far pubblicare smentite a proprie spese su quotidiani nazionali rischia di diventare un bel sistema coericitivo ed alternativo per limitare la libertà di espressione di ciascuno.
    E comunque il 57bis c.p. implica l’esistenza di una figura di editore e/o di uno stampatore, ergo la vedo comunque un po’ dura l’interpretazione nel caso dei blog, SN, ecc. ecc.

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